Merda e rose

venerdì 26 febbraio 2010

Ultimamente mi capita spesso di pensare ad una ditta ed immaginarla come un contenitore alto dieci metri pieno di merda, di quella puzzolente nauseabonda vomitevole… si avete capito bene, merda.

Non voglio apparire pessimista o peggio disfattista, ma laggiù la situazione è proprio schifosa. In ogni cosa che vedo, sento, faccio, il tanfo e lo schifo saltano subito all’occhio rendendoti la vita difficile, se non impossibile. Gente che si vende per nulla, ex sindacalisti che fanno la spia al padrone, ingegneri che non sanno manco cos’è un Ø7h7 che si credono dei padreterni, gente che fino a ieri non contava un cazzo ma che una volta assunta vanno in giro come fossero degli esperti in fisica nucleare, gente attaccata morbosamente ad una plastificatrice come manco il più geloso dei mariti farebbe con una moglie procace e un po zoccola, incompetenti patentati che una volta assunto un ruolo leggermente più alto si comportano come delle verginelle in chiesa la domenica… roba da scriverci un libro!
E invece sto qua, a parlare di merda, forse perché a forza di nuotarci, di respirarla e (a volte) di mangiarla, mi è entrata nel cervello… e con un cervello pieno di merda cosa potrò mai scrivere? Stronzate ovviamente!

Rido, rido per non piangere, piangere la miseria di questa Italia del 2010 in cui tutti noi dovremmo essere impegnati a lottare contro la disoccupazione dilagante, l’inquinamento, la distruzione dell’ecosistema… ed invece siamo qui a rincorrerci come dei bambini e a farci la spia come teneri bambini della squola elementare (scemo, la q è voluta: noi da bravi bambini, oltre che essere stronzi, siamo pure ignoranti!). Ma non abbiamo 7 anni, ne abbiamo 62 (vero chicco? Quello che fai tu lo faceva tre anni fa tuo nipote alle elementari, non è il caso di crescere un po’?) in alcuni casi e forse siamo un po’ fuori tempo…

E la merda cresce ogni giorno di più! Nuoti, avanti indietro per settimane mesi anni, perché per quanto schifosa possa essere la merda, se nuoti riesci almeno a rimanere a galla. Nuoti per non morire, per non soccombere, perché in fondo in fondo, speri che prima o poi il livello scenda e sogni il giorno in cui potrai tornare a condurre una vita dignitosa. Ma sognare non costa nulla, nuotare invece richiede fatica e costanza, e poi diciamolo: dopo un po’ inizia a mancarti il fiato. Ok, ci si abitua a tutto, ma l’odore dell’aria fresca di montagna, o l’aria respirata all’alba in spiaggia, sono un’altra cosa.

Ma non molli e continui caparbiamente a nuotare! Ecco che quando tutto sembra S. Giuda, il protettore della cause perse, ti manda un segnale: una rosa! Bella, rigogliosa, fresca, profumatissima… Cavolo, anche io che non amo i fiori mi commuovo di fronte alla bellezza di questo fiore appena sbocciato, e ne respiro a pieni polmoni la sua inebriante fragranza. Incredulo ed esterrefatto, cerchi di capire dov’è la fregatura, non può esserci una rosa di tale bellezza in mezzo a cosi tanto schifo! Ed invece no, è genuina, sincera, schietta, leale, ma soprattutto è vera! Ancora dolorante dai pizzicotti che ti sei dato per controllare che non stessi sognando, la vedi pian piano fiorire, senti il suo raro odore invadere l’ambiente mente pian piano i petali danno vita ad gioco di sfumature irripetibile, ne osservi minuziosamente ogni singolo particolare e un po rassegnato ed intristito la vedi lentamente sfiorire ed appassire. Già, le rose, specie quelle più belle, durano poco ma a te non interessa: quello che importa è che anche in mezzo a tanto schifo possa esserci qualcosa di bello, di genuino, qualcosa per cui valga la pena continuare a nuotare.

Respiri a pieni polmoni l’ultima sparuta fragranza, trattieni il fiato per qualche secondo e ti rituffi nel tuo mare di desolazione e di cattivi odori…

Il lupo perde il pelo ma non il vizio

lunedì 8 febbraio 2010



Oggi… oggi mi sento un lupo!

Il mio branco è là, a 20km dalla mia tana, non so se stanno andando a caccia o se se ne stanno al caldo... con l’arrivo della primavera tornerò a girare con loro, ma non oggi: oggi vado a caccia da solo!
Domenica 7 febbraio, non piove ma il cielo scuro minaccia fulmini ed acquazzoni; è la classica giornata dove le persone si rintanano nei centri commerciali o se ne stanno sotto le coperte al caldo a guardare qualche bel film, ma non io: sento che è il giorno giusto per andare a caccia anche se so che non sarà una caccia facile a causa del terreno molle.
Esco dalla mia tana che fa freddo e sembra che possa piovere da un minuto all’altro, la tentazione è quella di tornare subito indietro, ma il richiamo della natura è troppo forte e mestamente mi avvio.
Da tempo sto cercando vecchi sentieri da tempo abbandonati, sentieri che mi permetterebbero di raggiungere i più vasti territori dei Sibillini senza passare dalle strade asfaltate; come un lupo annuso l’aria, sento che farò caccia grossa: non so perché, ma me lo sento! 
Ripercorro pian piano dei sentieri fatti qualche settimana fa, il fango inizia a farla da padrone! Il Drz inizia a scodare paurosamente, mentre io cerco di imparare alla svelta come tenerla a bada, ma è veramente dura. Mi infilo in ogni sentiero o strada che possa tenermi lontano dal bitume dilagante, mentre pian piano mi avvicino agli Appennini. Mi avvicino ad un cucuzzolo, convinto di trovare dei bei sentieri, del resto la rigogliosa vegetazione che avvolge la cima promette bene. Passo palmo palmo ogni singolo sentiero di questa zona con l’unico limite di non passare su prati o terreni coltivati, è la mia regola! Giro più volte intorno a questo collinotto, ma devo arrendermi: non ci sono sentieri o sterrate. Una discesa di terra affrontata pian piano, la ruota posteriore si blocca fino a farmi cade a fine discesa: ok, l’avevo messo in conto, ma fa male al morale! Ma quello che più fa male probabilmente, è che la caccia non sta dando i risultati sperati!
Arrivo ad Ascoli, stanco e scazzato per la misera caccia. Il cielo si fa sempre più nero, il vento soffia impetuoso da ovest quasi a volermi spingere verso casa. Lo osservo preoccupato, sarà un segno della natura? Sarà che la natura vuole allontanarmi da qualche guaio? Inizio ad aver paura. Paura contro testardaggine, uno scontro già visto: 2 a 0 per la testardaggine, è scontato purtroppo!
Dopo aver rabboccato un po di benzina e aver mangiato una fugace pizza con Marty, mi rimetto in caccia. Ho in mente alcuni tratti che dovrebbero portarmi in men che non si dica verso le montagne. Il lupo che è in me pian piano si rimette in caccia, da solo come sempre, perché la solitudine lui ce l’ha dentro! Ma è una solitudine apparente, lui sa bene che presto su questi stessi luoghi ci porterà il suo branco e allora sarà caccia grossa. Ma la scoperta no: quella è una cosa da vivere da solo, con tutti i pro e i tanti contro che ne conseguono.
Pian piano inizio a salire di quota, ma la giornata è avara di soddisfazioni: qualche breve sterrata, una bella ragazza che fa jogging :-)))) spuntata da chissà dove e qualche fangosissima strada per trattori senza uscita. La città è la sotto, con i suoi ritmi frenetici, i televisori 40 pollici in offerta e l’aria calda, mentre quassù ci sono solo fango boschi sentieri ed un freddo pungente: no mi dispiace, preferisco la mia solitudine e le mie paure. Già, la montagna è prodiga di panorami mozzafiato ma al tempo stesso, il suo silenzio, l’imponenza delle sue vette, il cielo tetro, il vento che soffia impetuoso, incutono in me paura.
Non so se realmente esiste un dio, se esiste realmente una entità superiore che vede e osserva il mondo: se questa esiste veramente, ieri deve essersi parecchio impietosita nel vedermi continuare a cercare caparbiamente dei sentieri. Ed infatti, quando ormai stavo girando i tasselli verso casa come per magia mi sono apparsi  alcuni percorsi che tempo fa avevo osservato dall’alto.

Osservo la montagna che è sopra di me, la neve lambisce alcune case qualche centinaio di metri sopra al paese dove mi trovo mentre poco sotto una sterrata si butta a capofitto in una stretta vallata ricoperta da una boscaglia fitta ed apparentemente impenetrabile: è la strada che sto cercando! Non ci penso due volte e mi ci infilo senza nemmeno pensarci: la contentezza e l’entusiasmo sono a mille, mentre un sorriso a 2587 denti mi si stampa in faccia. Non so dove si imbocca il percorso ma lo ritrovo al primo colpo!



Una ripida discesa mi porta fino ad un piccolo torrente, pochi metri e mi si para uno spettacolo mozzafiato: “qui c’è da divertirsi” penso tra me e me. Prima seconda e gas a tutta, la strada inizia a salire dolcemente poi sempre più dritta. Un dedalo di percorsi si diramano a destra e a sinistra infilandosi in una giungla tropicale. Ho solo l’imbarazzo della scelta, scelgo a caso e mi ritrovo in una salita di terra ripida con un curvone secco a destra da fare a tutto gas.  Non mi sembra vero, un parco giochi cosi bello e senza anima viva! Via di seconda su per altri muri, con la moto che più gli do gas e più ne vuole! Si perché questa è una strada da fare cosi, a tutta, è questo il divertimento! La giungla tropicale lascia spazio ad alcuni prati con delle rigogliose querce, mentre la neve pian piano si avvicina. Raggiungo un paese, e ancora gasato dallo sterrato appena fatto mi infilo su un sentiero ripido: una incertezza e sono a terra. Dieci minuti per venirne fuori, il tempo necessario per capire che non è il caso di affrontare certi percorsi da solo e convincersi a rimanere sulle sterrate. Provo uno due tre volte ma senza successo, alla fine torno al punto di partenza.


Prima di riprendere il cammino, mi fermo per mangiare una barretta, mi siedo e mi immergo nel silenzio cupo di questa piccola giungla tropicale…

Risalgo in sella, guado il torrente, primo saliscendi affrontato a tutta poi giro a destra infilandomi in una galleria di canne.

Esco fuori ancora meravigliato che mi si para un lungo rettilineo infangato: seconda a tutta e poi via su per un’altra salita. In men che non si dica raggiungo le case, faccioinversione e torno fino alla base. “E ora????” Osservo una salita di pietre con un curvone secco a sinistra poi… “bho andiamo a vedere!” Via su per la salita, curva sinistra fatta in appoggio e poi su veloce in mezzo ad un prato dove la ruota posteriore inizia a sbandierare. Insisto ma mi devo fermare, il prato è talmente bagnato che la ruota non fa presa! Vado a piedi in avanscoperta, a fine prato c’è uno strappetto dove a spinta la moto non ci sale manco a mori!
 
Trovo un passaggio più consistente che taglia il prato in due ma questo mi obbliga a fare una curva secca a sinistra… meglio di niente! Spingo la moto per qualche metro, poi mi infilo in questo passaggio, giro la moto, gas a tutta, pochi metri prima di curvare l’anteriore salta su un pezzo di legno e quasi mi butta a terra: meno male le gambe lunghe! Riparto, supero agevolmente lo strappo e proseguo seguendo fedelmente la sterrata. Una lunga serie di curve strappetti e tratti infangati mi riporta in breve al bitume, mentre l’entusiasmo va alle stelle! Bel percorso, non vedo l’ora che asciughi per venirci con la cicciona!
Punto verso Ascoli, ormai ho visto quello che dovevo vedere e posso tornare a casa soddisfatto della caccia. Quando già pregusto una bella cioccolata calda l’occhio mi cade su una sterrata che si infila in un torrente:”è mia!” . Riparte la caccia, sbaglio una, due ma la terza volta imbocco la strada giusta. Pregusto già la salita da fare a tutta, ma la discesa è ripida e piena di fango. Si bloccano di nuovo le ruote e mi tocca scendere sfrizionando.  A 100 metri dal guado cado, provo a rialzare la moto ma non ce la faccio: anche i raggi sono ricoperti di fango! Ritento e con molta (ma molta) fatica la rimetto in piedi. Mi fermo, osservo la discesa e mi rendo conto che indietro non riuscirei mai a tornare.

 
Vado in avanscoperta a piedi, il cuore inizia a battere freneticamente. Dall’altro versante la strada sembra migliore, il fondo compatto con diverse pietre, problemi non dovrebbero essercene. Torno dal piccolo, tolgo interi blocchi di fango, riaccendo la moto e riparto. Sembra andare tutto bene, ma come sono sul duro mi accorgo che la ruota posteriore quasi non gira. Il motore gira bene ma la frizione è cotta. Maledetto fango!
Tutun tutun tutun, il cuore inizia a battere sempre più forte!
E ora? Chi la toglie da qua? Un elicottero?
Non dispero, Giò è a casa, lo chiamo:”Giò, che hai da fare? Ho bisogno di un grosso favore. Hai da fare? – Sto tribolando su un forum, dimmi – Dovresti prendere stivali ed una corda e venire da queste parti – Che ti è successo? – niente la moto non va, penso di aver bruciato la frizione, la dobbiamo tirar su da una strada ripida, ma non so manco dove mi trovo – allora? – fai cosi, vieni fino a e da li poi ti guido - ok, arrivo subito!” Salgo “in superficie” per capire dove mi trovo, per trovare un riferimento utile da dire a Giò, “delle case una strada trafficata e un grosso capannone, basteranno come indicazioni?” Sento Orfeo, e da una analisi telefonica mi conferma il referto: frizione bruciata, MO SO CAZZI!
Fin tanto che aspetto Giò torno alla moto, la riaccendo e provo a mettere in pratica alcuni consigli di Nuvola. La moto avanza, quel tanto da non doverla faticosamente spingere su per quella salita. Tribolo non poco, poi a metà salita capisco che i dischi ce la fanno a portar su anche me e salgo in sella. La frizione è andata, ma quel poco di attrito è sufficiente a portami fuori dai guai. Su veloce per una salita sx dx altra salita, in men che non si dica sono di nuovo sul bitume, alcuni minuti e sono ad Ascoli
Vedo Giò, lo tranquillizzo e tra una cioccolata ed un punch gli mostro le foto di giornata e scherziamo su quanto successo per esorcizzare la paura. Ma c’è poco da scherzare, mi fosse successo qualcosa chi mi ritrovava in quella vallata? Nessuno. Vado da Marty gli racconto l’accaduto e gli mostro la moto con le carene di fango. Mi avvio verso l’autolavaggio: 6 euro e mezz’ora di lavoro per riportare le carene al colore originale! 
Il lupo perde il pelo ma non il vizio, purtroppo è cosi. Prima o poi mi dovrò togliere il vizio di andare in off da solo, non posso sempre sperare che il cellulare prenda nelle vallate sperdute e che ci sia qualcuno pronto a tirarmi fuori dai guai!
Grazie a Giò, che ha mollato la famiglia per venirmi a tirare fuori dai guai.

Mané

le foto sono quà
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