Dieci litri di miscela

mercoledì 2 dicembre 2009


Martinsicuro ore 14.16 l’appuntamento è al solito posto, vicino allo Smaila’s

Monto la gabbia del paramotore, lentamente, seguendo scrupolosamente la checklist che mi sono stampato. Ho una tanica da dieci litri di miscela, ce la metto tutta; non so perché lo faccio, il vento è debole e sono molto incerto sul fatto di riuscire a decollare e quel po di peso in più nella mia testa potrebbe fare la differenza tra un decollo riuscito ed un decollo mancato…

Vado in spiaggia, il vento è ancora debole. Dubbi, paure, pensieri di vario genere, pervadono la mia mente mentre avvio il motore: decollare all’italiana con poco vento non è il mio forte, una bavetta di vento in più mi permetterebbe di decollare alla francese, ma al momento c’è calma piatta.

Apro la vela, oggi Enrico mi permette di provare una delle sue Jojowings, devo capire cosa cambia rispetto alla Gradient e se effettivamente mi agevola, in decollo soprattutto. Controllo ogni singolo cordino, la guardo con la faccia di chi sta per chiedere qualcosa ma non sa che cosa, vorrei parlarci, magari lei potrebbe far svanire le mie paure. Faccio uno schema mentale di quello che dovrò fare in decollo: corsa, gas a tutta, controllo della vela, ancora corsa, pizzicata ai freni e via… facile a dirsi, un po meno a farsi.
Mi imbrago, il vento è leggermente aumentato ma non abbastanza per decollare alla francese. Primo tentativo, la vela va su ma non corro abbastanza e abortisco. Seguo il suggerimento dei miei amici e decido di decollare alla francese. Tiro su la vela e inizio a dar gas che la vela non è ancora su, mi giro, spalanco il gas a tutta e corro… corro e son in aria!

E’ un’emozione indescrivibile, pochi secondi che valgono ore di volo, sentire questo megaventilatore spingerti con forza in aria grazie ad una vela che pochi secondi prima faceva a gara con le foglie a chi toccava prima terra. Quell’enorme agglomerato di alluminio e bulloni messi insieme da chissà quale pazzo stregone, quell’enorme frullatore sacrificato alla causa dei volatori disperati, quello che fino a pochi secondi prima ostacolava, con il suo peso, la tua corsa, ora ti spinge violentemente in aria, lasciandoti a bocca aperta. Le prime volte succede cosi, non ci capisci nulla, senti solo questa forza che ti lascia di stucco, la paura ti tenta e ti dice di mollare il gas, ma lo tieni aperto perché è questo che ti hanno insegnato. Pensi a mille cose… “ma no, non devi pensare, mona! Devi correre! Correre finchè non sei ben lontano da terra, solo allora puoi sistemarti nella selletta!” Ma in quei secondi pensi, altroché se pensi! Pensi se hai seguito tutta la procedura correttamente, pensi se tutto va per il verso giusto, pensi alla vela che nel frattempo se ne va per c...i suoi e se puoi recuperarla evitandoti cosi una seconda faticosissima corsa, pensi… si che ci pensi, che se qualcosa non va per il verso giusto sono cavoli amari!

Subito dopo questi interminabili secondi arriva la fase che io definisco dell’ebete. Non si sa come, hai staccato i piedi e stai salendo di quota, parzializzi un po il gas e ti sistemi nell’imbragatura. Guardi sotto, incredulo, nonostante i 1725 errori commessi in decollo ti accorgi che sei effettivamente in aria e non in paradiso: un sorriso da perfetto imbecille ti si stampa sul viso. Fossi a terra con una faccia del genere, diventeresti lo zimbello del paese, ma per tua fortuna per aria non ti vede nessuno!

Una volta in volo inizio a scorrazzare in lungo ed in largo in attesa che i miei amici decollino. Cerco di prendere confidenza con la nuova vela e nel frattempo analizzo al millimetro ogni prato della zona cercando di immaginare cosa dovrei fare per atterrarci. Vado a fare un giro dalle parti del molo, controllo che a casa mia non ci siano i ladri Smile ma soprattutto cerco LEI: lei che oggi è altrove, lei che si sarebbe commossa nel vedermi passare, lei che da un senso ad ogni cosa…
In pochi minuti sono alla foce del Tronto. Risalgo il fiume e inizio a salire di quota facendo dei 360 larghissimi, osservo il parco della Sentina e più lontano la pista di atterraggio della mia ditta:”quasi quasi…”. Dopo poco vedo un piper passare sotto di me Smile lo osservo sbigottito, non pensavo di essere cosi alto, guardo a ovest e mi rendo conto di esser ad altezza di Colonnella: mollo il gas e plano dolcemente fino ad alcuni metri dalla spiaggia, dove Enrico sta giocando. L’accordo è che saremmo andati a fare un giro fino a S. Benedetto, come vedo che attraversa il Tronto lo seguo a ruota. Via! Comincia l’avventura, un nuovo luogo da raggiungere, da scoprire, una nuova esperienza da vivere e gustare fino in fondo, come un buon vino d’annata!

Supero un po intimorito il confine tra Abruzzo e Marche, e mi piazzo a 30m per poter meglio studiare l’ambiente circostante: osservo ancora meglio il parco con la sua vegetazione incolta, i suoi casolari abbandonati e qualche persona a spasso qua e la. Tutto è nuovo, tutto è diverso, tutto ha qualcosa di particolare e dire che qui c’ho volato un paio di volte in elicottero, ma stavolta è diverso: sono io che guido io che decido dove e quando salire ma soprattutto non c’è quel maledetto plexiglass che mi isola dal mondo!

Un bambino mi osserva ed accenna un saluto: non posso rovinare il suo sogno, lo saluto a mia volta e faccio un 360 sopra di lui! “Non smettere di sognare ragazzo, qualunque sia il tuo sogno, non smettere mai di lottare per raggiungerlo!” – penso tra me e me.

Il mio giro prosegue in direzione nord, costeggiando il lungomare di S. Benedetto. Osservo minuziosamente tutto quello che mi si para di fronte, e il paragone va al volo libero, ai paesaggi visti in 5 anni di volo a vela, a tutto quello che ho vissuto volando tra le montagne: il paragone non tiene, sono due cose diverse, quello che fai con il motore è quasi impossibile con il libero!

Un giro del genere non può non arrivare al monumento al gabbiano Jonathan Livingstone situato all’imbocco del porto, ma non stavolta: stavolta decidiamo di accontentarci e di fermarci a pochi metri.
Faccio un paio di 360 per guardarmi intorno e poi punto la vela verso sud: si torna a casa! La gente continua ad osservarci stupita, manco facessimo chissà che cosa, forse per loro il volo è qualcosa di irrealizzabile o forse sono solo infastiditi dal rumore dei nostri motori… Il rumore… alla fine nemmeno lo sento più, concentrato come sono sul volo, e sul “nuovo mondo” che mi si para di fronte, cosi come non sento il freddo pungente dovuto alle due ore di volo. Tutto passa in secondo piano, e il tempo sembra fermarsi… “Il volo? E’ uno stato mentale, più che uno stato fisico” penso tra me e me… ma queste sono elucubrazioni da alcolisti anonimi, quando sei lassu devi essere con i piedi ben piantati per terra, altrimenti ti fai male!

Lo sguardo cade sullo stadio, prendo quota per vedere come va la partita, senza però allontanarmi di un metro dalla spiaggia: osservo le gradinate, i tifosi, fino a scorgere i giocatori, ma non capisco nulla di quello che sta succedendo. Il giorno dopo scoprirò di essere stato inquadrato a lungo durante la diretta della partita sambenedettese - fermana Smile

Torno a svolazzare sulla Sentina ed in breve sono sul lungomare di Martinsicuro. Ultimi accenni di wingover, qualche passaggio radente sull’atterraggio per prenderci le misure e dopo oltre 3 ore sono a terra. Una faccia da ebete stanco e soddisfatto mi si stampa in faccia, mentre metto via la mia attrezzatura. Parlo con Enrico del volo, di quello che ho visto, del decollo non proprio perfetto. Una controllata al motore e una veloce occhiata al serbatoio: ci sono rimasti solo 2 litri! Sono solo le 16.30 e inizia a far buio, chissà in primavera cosa succederà: mi dovrò fermare x strada a far benzina!

Penso… penso al nuovo mondo, quello che mi si è aperto con il paramotore, penso alle nuove avventure, ai tanti luoghi che vorrei vedere in volo, in primis casa dei miei, a quante volte da piccolo ho sognato di volare, penso… penso a loro: Lorenzo, Ubaldo, Gianni, Emanuele, i miei compagni di volo libero. E’ a loro che dedico questa mia avventura, la dedico a chi con me ha condiviso belle giornate di volo ma anche difficoltà, paure, errori. La dedico a loro perché se sono arrivato fin qui, lo devo anche e soprattutto a loro, e se ho un rammarico oggi è il fatto che non fossero in aria con me.

Non posso non menzionare Enrico, amico prima ancora che essere un ottimo costruttore. La passione per il volo gli si legge in faccia, i suoi consigli sono stati fondamentali.

Ciao

Mané

Pensieri davanti al pc

venerdì 27 novembre 2009

Tunisia, il pensiero fisso è quello.
Marty se la dorme alla grande nella stanza accanto, ma io sono qui a vedere i video del deserto tunisino, cercando di prepararmi alla nuova sfida.
Report foto appunti, non me ne lascio sfuggire nemmeno uno, in fondo questi momenti fanno parte integrante del viaggio e me li gusto al pari dei moemnti in cui sarò laggiù.
Non sarà facile, guidare in due in fuoristrada è molto impegnativo, nel deserto... bhoooo che cavolo ne so cosa troverò laggiù.
Pensieri dicevo, fare la tsp in due è stato impegnativo, oltre che per le condizioni del fondo, per alcuni "errori" di gestione del mezzo (leggasi gomme e pasticche dei freni finite), laggiù in teoria sarà meno dura ma i km sono tanti e comunque c'è l'incognita sabbia e thole ondlè
Proprio quest'ultima mi preoccupa non poco, Smontic dice che non ne troveremo molta ma anche poca che sia non so quanto la gradirà la mia schiena malconcia e peggio quella di MArty.

Bho, in fondo se fosse tutto facile, tutto semplice, non partirei.
Le sfide mi entusiasmano, mi danno vita, mi danno quella carica e quella voglia di lottare che mi fa sentire unico e vivo.

Ricordo la faccia di alcuni miei colleghi che lo scorso anno mi hanno visto partire per la Libia, il loro sguardo di dissenso ("quella non è la moto giusta per andare sulla sabbia" mi dicevano) le loro frasi "chi te lo fa fare a partire con questo freddo, stattene a casa", ricordo gli oltre 400km di autostrada nella nebbia, il ghiaccio sugli specchietti, il freddo assurdo, poi la caduta in Libia, il dolore assurdo, le lacrime celate dietro gli occhiali da off, le preoccupazioni sulla perfetta guarigione della spalla, gli ultimi km alle 3 di notte sulla A14 poi... poi il pianto liberatorio, il pianto di chi ha creduto ad un sogno, lo ha difeso con tutte le sue forze e l'ha raggiunto.

Coraggio Manè, sguardo rivolto oltre l'ostacolo e gas ben spalancato!

Trenta minuti 23/02/2009

23/02/2009,

Trenta minuti di volo, pochi ma sufficenti per:

accorgersi che, nonostante l'ora e mezza di salita sulla neve con
trenta chili di vela in spalla, ne è valsa la pena arrivare fino al decollo,

riprendere confidenza con freni e cordini "A" "B" "C" "D" e stupirsi
ancora di come quei pochi fili riescano a sorreggere il tuo peso,

riprendere confidenza con GPS, variometro e radio,

accorgersi che decollare sulla neve con poco vento è sempre un casino,

gustarsi il panorama su Ascoli Piceno e sulla vallata del Tronto,

guardare 1200 metri sotto ed accorgersi che ci sono degli sterrati che
non ho ancora fatto col transalp,

guardare verso l'alto ed osservare con aria compiaciuta la propria vela,

riscoprire che volare tra palazzi alti 30 piani, è un'emozione che non
si può descrivere :-))))

tornare a girare una termica e scoprire che è troppo piccola e debole
per farti salire,

rassegnarsi all'idea di dover tornare con i piedi per terra,

andare in atterraggio e scoprire che è più piacevole scendere sapendo
che lì c'è la persona che ami ad aspettarti,

guardare l'atterraggio e dover scegliere tra quale fila di piante di
ulivo atterrare,

accorgersi che non è affatto facile scegliere tra quale fila di piante
di ulivo atterrare,

atterrare passando a pochi centimetri dalle piante

girare in atterraggio con aria da ebete,


accorgersi che di tutto questo, non puoi farne a meno!


Ragazzi, che spettacolo!

Ciao

Mané

Comincia la nuova avventura

domenica 8 novembre 2009



E' cominciata sabato la mia nuova avventura volante

E' cominciata con il ritiro del mio nuovo mezzo

http://picasaweb.google.it/manetransalp1/Paramotore#

che a breve mi porterà a svolazzare in luongo e in largo tra marche e abruzzo e... bho si vedrà, ho tante idee per la testa

Mané

Bibo l'aveva detto!

mercoledì 4 novembre 2009

-------- Messaggio Originale --------
Oggetto: Re: [LISSTA] Ogg: La mia campagna contro le foto...
Data: Tue, 11 Nov 2008 17:02:09 +0100
Da: Massimiliano Segreto
A: LISSTA <mailto:LISSTA@yahoogroups.com>

Il Bostro-X wrote:

### No! ANnullo il viaggio! Parlerò in friulano coi Tuareg! Mi porterò
dietro un cartello con scritto "Provincje di Udin"! Maledetto Borg, ti
sei svelato!!! Ma io resisterò, non mi avrete mai!!! Picard vi ha già
sconfitto una volta, io non mi lascerò assimilare!!!


"No Bostro, non hai capito.
Il problema non l'avrai quando sarai "la".
Il problema l'avrai quando sarai tornato "qua".
Perche da "la" spesso non si torna veramente indietro. Non del tutto.
Ciao
Bibo (fisicamente "qua", la testa "la")"

Eh si, Bibo l aveva detto!
Solo che noi, sahariani in erba, non gli avevamo minimamente creduto e
ingenuamente siamo partiti per l Africa!

Vampiro sahariano che altro non sei, dovevi fermarci!
Dovevi impedirci con ogni mezzo di fare questo passo, assassino!

Adesso mi tocca tornare in Africa, accidenti!

Marty, salvati finche sei in tempo!

Sogni e solo sogni

lunedì 2 novembre 2009

NOI POSSIAMO TUTTO, ogni cosa è alla nostra portata. Non importa quanto grande possa essere il nostro sogno, non importa quanto assurdo e quanto impossibile... Niente può arrestare colui che con anima e corpo, con passione, amore, determinazione rincorre un sogno! Lo stesso universo è nelle nostre mani!
Damiano Vitulli

La prima volta del vettore

giovedì 22 ottobre 2009

Ho scovato questo mio racconto del primo volo sul Vettore: era il 2 luglio del 2007


Una lunga lotta durata circa due ore, una lotta tra me il vento e la natura, una lotta per cercare di raggiungere l'ennesimo sogno, quello di raggiungere in volo la cima del vettore... Uno, due, tre, metri al secondo come ascesa massima, un okkio sempre puntatto sul variometro uno alla montagna che si faceva sempre più imponente... :-))))))))))

La radio che va ko, perdo 200m di quota per cercare di sitemarla...ormai è fatta mi devo arrendere e invece no, stavolta non gli e la do vinta, mi avvicino ulteriormente alla montagna, la vela torna a salire, la cabro un pò e guadagno quel 0.5m/s di ascendenza, 1800 - 1900 - 2000m tengo duro non mollo ;-)))))))

Sotto i miei genitori e mio fratello Paolo, che mi hanno visto decollare fino a diventare sempre più piccolo e a sparire... "Emanuele? non lo vediamo più..." Il loro cannocchiale ha perlustrato palmo palmo tutto il Vettore finchè un amico li ha tranquillizzati:"è in cima al vettore o è a terra, non vi preoccupate sa bene quello che sta facendo..." La mia lotta lassu continua, +1 +1.5 m/s mi sembra di non arrivare mai. Passo sotto lo scoglio dell'aquila ma non basta devo salire di altri 2/300m almeno.... mi dirigo sul versante ovest del vettore proprio di fronte a Castelluccio, la vela non si muove... mi rilasso qualche secondo e guardo sotto:"cavolo se sono alto!" Sono emozioni che non si possono descrivere!

Sinistra destra una infinita serie di immaginari tornanti tracciati nell'aria 50 metri davanti al vettore. Altri 100 metri strappati con denti al vento... da li la vela inizia a salire da sola a +2 - 3 m/s 2300m! è fatta, riesco a passare sopra le creste e a vedere il lago di Pilato laggiù in basso: inizio a piangere di gioia! Chiamo Marty gli urlo che ce l'ho fatta! Continuo a salire e a veleggiare dolcemente sopra le picole creste del comprensorio del vettore, intravedo Roberto che era decollato 10 minuti prima di me, passiamo vicini e ci salutiamo; tiro un sospiro di sollievo, finalmente non sono più solo! Continuo a giocare con il vento e strappo altri 200m di quota. Faccio delle larghe virate a 360° e mi godo un panorama unico nel suo genere, riesco persino a scorgere in lontananza il mare ;-))))) poi vedo il mio amico andar via e puntare colletondo... vado via anch'io ma dirigo verso forca di presta...

Mi chiama Lorenzo mi chiede com'è andato il volo... "bene gli rispondo io, ho attaccato il vettore e sono arrivato in cima. adesso sono a quota 2200 e sto andando a passeggio sulla piana..." Incredulo mi riattacca. Arrivo sopra il rifugio degli alpini, guardo verso casa ma ovviamente non riesco a vederla, ma vedo i paesini vicini. Ritorno sulla piana, vedo mio fratello vicono l'atterraggio, ci svolazzo sopra per una decina di minuti facendo delle larghe virate più che altro per fargli vedere come questo sport sia sicuro se affrontato con la giusta maniera...

Disegno nel cielo delle strane figure fino ad arrivare all'atterraggio, una serie di esse per smaltire questa quota e atterro... un po lungo per la verità, ma dopo una giornata del genere un errore del genere me lo posso permettere ;-))))

IlsognatoreManè

Sfide

lunedì 19 ottobre 2009

Ma chi cazzo me lo fa fare?

Potrei starmene tranquillamente appollaiato in cima ad una delle tante montagne oltrepassate, ad osservare il mondo e la vita. Potrei gustarmi fino in fondo il piacere delle tante vittorie, volare, viaggiare, starmene sdraiato su di un materassino in acqua a sentire il ritmo incessante della vita...

E invece no porca miseria, sono sempre li a cercare di raggiungere un'altra meta, un'altra montagna, un altro obiettivo... Sempre li, coltello tra i denti e visiera abbassata.

Stavolta non c'entra la moto, ne il parapendio, ne chissa quale strano mezzo per vivere piu intensamente la mia liberta stavolta e una cosa seria: L'UNIVERSITA, o meglio Scienze del Turismo. L'universita, il piu irraggiungibile e ardito dei miei viaggi, la sfida delle sfide!

Porca miseria Mane, ma che cazzo ti sei messo in mente? Qui non c'e il transalp a tirarti fuori dai guai, non c'e Ubaldo a dirti come fare ad arrivare in cima al Vettore ne ci sono gli amici enduristi a darti una
mano ed uscire dalla fangaia, qui sei solo porca puttana! Sono 3 anni che non leggi un libro cazzo, come puoi pensare di riuscire a dare 10 esami in un anno? No Mane, per quanto ogni genitore ti direbbe che hai fatto bene, per me che sono te stesso, questa e la piu grande cazzata che potessi fare!

Vaffanculo Mane vaffanculo.

Vaffanculo a chi non crede in te, vaffanculo a quelli che ti hanno giudicato senza darti nemmeno il tempo di parlare, vaffanculo a quegli stronzi che hanno smesso di sognare ed invidiosi, tarpano le ali a quelli che ancora li inseguono.

Una sola cosa ho da dirti: un anno fa correvi di notte con il freddo sul lungomare immaginando una lunga distesa sabbiosa; lo hai fatto per mesi, con costanza e determinazione, senza avere la certezza che un giorno ci saresti arrivato. Amigo, ti rivelo un segreto: anche dietro quei libri c'e una immensa distesa sabbiosa che ti aspetta. Sara difficilissimo raggiungerla, il freddo e la fatica patiti lo scorso anno saranno nulla in confronto, ma ti garantisco che alla fine troverai una sconfinata distesa sabbiosa dove potrai sederti la sera intorno ad un fuoco con pochi fidati amici e rimanere incantato ad osservare il cielo stellato.

Forza Mane!

Dove osano le quaglie

lunedì 12 ottobre 2009

Ovvero… un marchigiano in volo sulle Alpi!

Di tutti i volatili esistenti, la maggior parte di noi, vuoi per la sua bellezza, vuoi per la sua imponenza, vuoi per la sua assoluta padronanza del volo, tende ad identificarsi in un’aquila. C’è poco da fare, quando si pensa al volo si pensa a lei, la regina dei cieli!

A maggior ragione per un volatore come me dovrebbe essere quasi naturale immedesimarsi a questo bellissimo volatore, ma non è cosi: sono lì, nel suo stesso ambiente, appeso ad un pezzo di stoffa trafugato al costume di arlecchino, impacciato come un quindicenne al suo primo appuntamento, lento come una zanzara , incerto ed impaurito come il giorno dell’esame di terza media, talmente fuori posto che se mi presentassi ad una festa di gala con dei jeans strappati ed un giubbino da paninaro, mi sentirei a casa… C’è poco da fare, per quanto a volte mi capita di condividere con lei qualche interminabile istante dello stare per aria, il paragone non tiene: l’aquila è la volatrice per eccellenza!

Di tutti i volatili esistenti le quaglie non hanno un eccezionale modo di volare, anche se possono librarsi in aria per lunghi percorsi così da raggiungere le aree di riproduzione, poste a nord. Queste amano pascolare a terra tra la vegetazione alla ricerca di insetti e se qualcosa le allarmano preferiscono fuggire con una rapida corsa, anziché prendere il volo. Insomma sono dei volatori… “della domenica” come direbbe qualcuno. Ecco, io mi sento come una quaglia, un volatile di pianura un po goffo, abituato a volare in ambienti tranquilli e sicuri e poco avvezzo alle dure condizioni dei voli di alta montagna. Ma le Alpi, un po come il deserto, suscitano in me un’attrazione unica, oserei dire fatale, impossibile resistere ad un richiamo del genere!

Osare, rischiare, azzardare, non sono gli aggettivi giusti per definire questa mia avventura, piuttosto l’immagine che ho è quella di una papera un po impacciata (penso a quella del film “babe”) che prova a termicare di fronte a un grosso costone di roccia.

Arrivo in Friuli giovedi 01 ottobre, con in tasca i recapiti di metà dei volatori alpini e il volantino di una manifestazione di volo che si svolgerà il we successivo a Cercivento (UD). Ho solo l’imbarazzo della scelta su dove volare, ma dopo 2 giorni passati a scorrazzare su per passi alpini mi ritrovo a passare vicino Cercivento e cosi decido di fermarmi li. Mi piace l’idea di partecipare ad una manifestazione di volo, e ancor più mi piace l’ambiente diversamente astemio delle feste friulane. Bon deciso, sabato mattina alle 10 son li. Non c’è un cane cosi decido di rimandare il mio volo al pomeriggio, intanto ne approfitto per l’ennesima scorpacciata di curve e tornati salendo sul passo di Monte Croce Carnico e alle 13.30 sono di nuovo a Cercivento. Conosco gli organizzatori dell’evento, due persone davvero cordiali e piacevoli, alcune preziose indicazioni su volo, venti e quant’altro c’è da sapere, ed in breve sono già in macchina diretto verso il decollo di monte Paularo

Una serie di pensieri dei più diversi mi frullano per la testa: “Ci siamo, adesso tocca a me dimostrare quello che sono veramente: aquila o quaglia… chissenefrega, comunque andrà questo volo non dimenticherò mai… i sottoventi, devo stare ben attento a dove volo… a sx c’è una vallata stretta non devo andarci altrimenti rischio il venturi… in atterraggio il vento è sostenuto e poi ci sono i cavi dell’alta tensione … e poi il nome del posto, Cercivento, luogo in cui si incontrano tutti i venti, chissà che macello c’è la fuori…”

Non è proprio facile arrivar fin qui, ritrovarsi da solo in un decollo da cui non sono partito mai, senza nessun riferimento se non Marty poco sotto che mi osserva preoccupata e la radio degli organizzatori che sono in atterraggio. Ascolto in silenzio il pulsare del vento, osservo la manica a vento cercando di interpretare le condizioni, fisso il decollo immaginando come si comporterà la vela una volta in aria… poi lascio liberi i miei occhi e questi, come cavalli imbizzarriti, partono alla scoperta delle mille sfumature di queste splendide montagne. Chiamo l’atterraggio e mi dicono che laggiù il vento è teso, in decollo invece è calma piatta: che situazione di me###!

Sbaglio due decolli per via del poco vento, ma il terzo riesce e sono in volo!

Subito caccio un urlo liberatorio che si sente fino ad Udine, tutti i pensieri fatti prima per qualche secondo scompaiono. Un misto di incredulità e paura mi pervadono mentre la vela avanza in questo luogo da molto tempo agognato. Via verso est, ma sento che la vela scende troppo e decido di uscire verso sud dove dei delta stanno terminando. In pochi secondi arrivo a scorgere l’atterraggio e il vario inizia a farsi sentire prepotentemente: +1, +2, +3, +4 m/s! I delta in poco tempo fanno quota e scompaiono mentre io stento a gestire la mia vela. Da brava quaglia (o pollo, che dir si voglia) faccio subito le orecchie e cerco di ambientarmi, ma la vela non ne vuol sapere e continua a salire. Esco fuori e l’ascendenza si fa meno forte, riapro la vela e inizio quel volo veleggiato tranquillo (ai limiti del sonno) che tanto piace a me, e che mi permette di gustare appieno il paesaggio che mi circonda. Subito l’occhio cade sotto, osservo ammirato le conifere e le piccole casette in legno che appaiono qua e la come funghi, poi inizio a salire con lo sguardo fin in cima allo Zoncolan che mi evoca storie di ciclismo e di grandi imprese di sport. Il mio volo turistico prosegue senza troppi scossoni, mentre i miei occhi continuano cogliere scorci fiabeschi e panorami mozzafiato.

Mentre fatico a metabolizzare tutte queste sensazioni, dei delta stanno volando alla mia dx e devo prestare la massima attenzione. Li vedo termicare sicuri facendo dei 360° stretti e salendo con una semplicità impressionate, mentre io faccio degli “otto” che mi permettono di galleggiare. Ma non me ne frega più di tanto, questo per me è un volo di ambientamento, non ho velleità di fare chissà che cosa. Poi l’occhio mi cade sul vario e vedo che sono in volo già da un’ora:”Non male quaglia Mané! Pensare che questa doveva essere una planata!” mi dico.

Un grifone spunta da non si sa dove, lo vedo librarsi maestoso e imponente sopra il bosco: il mio cuore comincia a battere impetuoso, lo osservo in tutta la sua bellezza e la sua grazia, sono emozionatissimo! Provo a seguirlo e per alcuni interminabili secondi voliamo insieme, secondi che sembrano minuti , ore, giorni, la perfezione del volo del grifone vicino alla goffaggine del volo di un parapendio; di colpo il mio amico vira verso dx e sparisce chissà dove: ”grande volatore, grazie di esser venuto a rendere omaggio ad un diversamente volatore come me: E’ stato un onore per me!”

Sono troppo contento, ho ricevuto una serie di scosse da 3000V che una metà basta, me ne vado verso l’atterraggio. Penso di perdere quota ed invece continuo a salire:”Cos’è non ne hai avuto abbastanza?” - dico alla mia vela - “ dai che domani si replica!”…la vela sembra sorridere ammiccata. Eh si, dopo tanti voli, anche i parapendio sembrano avere un’anima Smile Il vento in atterraggio è un po teso, i cavi dell’alta tensione incutono timore, ma alla fine basta non passarci sopra e atterrare è una passeggia. Sono cosi tranquillo che riesco a fare anche qualche wing-over e ad atterrare senza nessun problema mancando però di centrare i bersagli…

Una faccia da ebete mi si stampa in faccia subito dopo l’atterraggio, mentre vago incredulo tra gli stand della festa. Una grossa bistecca, delle salsicce, dell’ottima polenta ed una birra freschissima, mi riportano ad una dimensione “terrena” mente osservo ancora la montagna sopra l’atterraggio. Ce l’ho fatta, la quaglia Mané per qualche secondo è diventata un’aquila, adesso ha capito che per volare alti non c’è bisogno di grandi ali, o di chissà che cosa, ma solo della voglia di farlo… e di un pizzico di incoscienza! Smile

Per il giorno seguente avevo deciso di volare da qualche altra parte, ma la cordialità e il consiglio di qualcuno che la sa lunga, mi hanno convinto a rimanere a Cercivento. Ore 9, sono già in atterraggio. Qualcuno va già di birra, mentre io decido di salire subito in decollo. Mi organizzo con alcuni bipostisti ma con mia grande sorpresa, invece di salire al decollo di Monte Paularo, questi svoltano a sx. “dove cavolo vanno?” - “noi andiamo a decollare dallo Zoncolan, lì al momento le condizioni sono migliori…”

Zoncolan, salita, sudore, biciclette, ma soprattutto paesaggi mozzafiato: questo è quello che so di questa montagna! Mi fa strano andarci a volare dopo che più volte in passato, l’ho cercata sulle cartine del Friuli senza mai trovarla. Definire bella questa zona è riduttivo, non voglio star qui ore ed ore ad elogiarne la bellezza, finirei per banalizzare questo luogo. Dico solo a chi avrà la fortuna/sfortuna di leggere questo mio racconto una sola cosa: VIAGGIA! Abbandona le strade trafficate ed infilati nelle strade piccole, quelle che sulle cartine trovi segnate in bianco o tratteggiate. Vai, parti, avventurati, scoprirai luoghi e persone incredibili!

Sul decollo dello Zoncolan sembra di essere in cima al mondo: non che sia chissà quanto alto, ma la visuale che si gode da lassù è davvero suggestiva! La giornata è limpida, il solo da poco si è affacciato sulle valli e l’attività termica è ancora poca. Partono i bipo, poi tocca a me. L’emozione fa si che sbagli il primo decollo, Marty se ne accorge e mi abbraccia Smile Vado, porto la canon con me, cosi potrò raccontare ancora meglio questa avventura. Volevo rifarmi dopo il volo “in difesa” del giorno prima, ma non c’è chissà che e devo accontentarmi di far poco più che una planata; in fondo non mi dispiace: la giornata è limpida, il sole risalta ancora più i colori di queste montagne ed i miei occhi, mai sazi di tale spettacolo, ne approfittano. Non mi arrendo, provo a fare il traversone verso nord ed a cercare qualche termica sopra Cercivento, ma non trovo nulla e devo andare in atterraggio Sad “Vabbè, almeno c’ho provato!” penso tra me e me. Attero lontano dal centro, sicuramente non vincerò nessun premio, ma va bene lo stesso.

“Vuoi fare un altro volo? Dai che c’è tempo…“ - chiede Marty - “No, arriveremmo troppo tardi a casa, per questa volta va bene cosi, grazie”. Una veloce scorpacciata di polenta e salsiccia, un caloroso abbraccio agli organizzatori, un veloce saluto agli amici conosciuti, e siamo in macchina diretti verso sud: la quaglia torna a casa! Verso Udine, ai margini dell’autostrada, vediamo un falco appollaiato su di un palo: come passiamo si alza in volo facendo una virata sopra la mia testa. D’istinto alzo la mano per salutarlo…

Ciao

Mané “Castelluccio”
http://picasaweb.google.it/manetransalp1/ParapendioFestaDelBruttoTempo#


Alcune precisazioni che mi sono state indicate da Chiara, una degli organizzatori:

- TU HAI VOLATO CON L'AQUILA ... NON ERA IL GRIFONE (c'è una timida introversa aquila che ha il nido sul monte Tenchia ... si fa vedere poco .... e probabilmente l'andirivieni della giornata l'ha disturbata e si si è messa in volo!)
- Il decollo non è sul monte Paularo (esiste un decollo sul monte paularo ma Tu sei decollato dal monte Tenchia ...
- Preciso che dallo Zoncolan, direzione ovest (nell'altra vallata) si vedono le prime dolomiti se fossi stata lì, Ti avrei mostrato l'Antelao, il Pelmo ... la zona vicino a Cortina d'Ampezzo.

Tratturi d'Abruzzo

mercoledì 9 settembre 2009

Doveva essere un giro come tanti, una due giorni di puro fuoristrada ripercorrendo parte dei tratturi e dei sentieri della Marsica… ed invece…

Dovevo capirlo subito il venerdi sera in pizzeria, quando come per magia sono spuntate fuori due, anzi no tre, chitarre. Nessuna traccia di vino, una bionda 0.4 (la mia) e due 0.2 (quelle di Giancarlo e del suo amico), tasso alcolemico ai minimi storici (cosa che non accadeva da secoli) e canzoni che pian piano invadevano la quiete del locale… Pezzi storici, Bennato e via via gli altri, finche Giancarlo ne tira fuori una diversa, in dialetto locale.



Racconta del piemontese, quello che con la scusa di unificare l’Italia ha fatto il peggio del peggio, dei Borboni e di loro: i briganti! La curiosità mi si legge in faccia, Giancarlo se ne accorge e parte a raccontarmi la storia d’Italia, quella che nessuno ha mai voluto scrivere!

Ma chi è questo personaggio? Giancarlo, oltre che essere la mia guida durante questo giro, è un grande appassionato di storia locale. E’ un cacciatore come me, con la differenza che, mentre io sono alla ricerca di percorsi e paesaggi, lui è alla perenne ricerca delle radici più profonde del suo paese e delle civiltà che nel corso dei secoli lo hanno abitato. La sua passione è molto profonda, in breve riesce a farmi dimenticare il vero motivo per cui sono venuto fin qui, a tal punto che da rimanere fino a tardi a parlare della “storia che nessuno ha mai voluto raccontare”.

La mattina i discorsi fatti la sera prima sembrano solo un lontano ricordo, “adesso si va per sterrati, mica per musei” – penso tra me e me. Il possente rumore del bicilindrico Ducati rompe il silenzio della casa, seguito a breve dal più mesto bicilindrico Honda… ci avviamo. Corriamo a fianco della Tiburtina percorrendo dei tratti molto facili, ma non appena arriviamo a ridosso delle colline il percorso si fa più tecnico e il piacere di guida schizza ai massimi livelli.
E’ puro piacere, arrampicarsi su per un sentiero ripido, con la gomma che scava tra terra e sassi, con la moto che lotta contro la forza di gravità, il rombo del motore che sale di giri, le braccia che iniziano a farti male, fumo misto a polvere e sudore… E’ la mia droga, e non posso farne a meno!
Altro tratto, veloce e scorrevole e in un batter d’occhio siamo in cima a Forca Caruso. “Che te ne pare?” - chiede l’indigeno - “Vai pure, io mi sto divertendo come un bambino!” Di nuovo in sella, altro sentiero stavolta in discesa e con diversi sassi. Col tempo ho imparato a conoscere la mia cicciona, so che devo farla correre su certi fondi, seguire i suoi movimenti, assecondarla in parte e poi frenarla dove il fondo è migliore… Riesco a scendere come se nulla fosse, pronto per un altro tratto.

Abbandoniamo definitivamente la strada asfaltata e la civiltà, ci immettiamo su uno sterrato pieno di sassi, dove solo il gas ben spalancato impedisce alle nostre ciccione di affondare; mi accorgo che questa teoria è senz’altro corretta ma di non facile attuazione specie su tornanti stretti con sotto dei bellissimi burroni :- Giancarlo, nonostante i suoi 120kg ed una gomma abbastanza consumata, sembra quasi non accorgersene, è talmente tranquillo e sicuro che pensa bene di aggiungere delle sfiziosissime deviazioni :-))) Mi fermo a far foto cercando qualche scorcio, qualche veduta, qualunque cosa che possa vagamente rendere grazia alla bellezza di queste montagne, ma è impresa assai ardua.




Siamo nel nulla, solo prati a perdita d’occhio, alcuni boschi e le maestose cime della Marsica. Le uniche tracce della civiltà sono i grossi mulini a vento che sovrastano le cime di alcune montagne, “uno scempio fatto in nome dell’ecologismo” esordisce Giancarlo - “Lo fanno trincerandosi dietro la parola ecologismo, poi quando cambiano l’olio dei generatori lo buttano per terra. E questo sarebbe ecologismo? E le strade? Le vedi quanto sono grandi? Che bisogno c’era di fare tutto quel casino? Hanno rovinato per sempre queste montagne, per fare poi cosa? Produrre corrente elettrica? Ma se sono sempre fermi?” Dall’alto le “autostrade” che hanno fatto per arrivarci sono ben visibili, sembrano delle grosse ferite sul corpo di una bellissima donna e saltano all’occhio, forse ancor più dei bruttissimi mulini a vento… Con l’amaro in bocca proseguia0 :-(

Un dedalo di sentieri appaiono come per magia per poi sparire in ogni direzione, il mio amico sembra non curarsene e procede sicuro per la sua strada, mentre io lo seguo da vicino per la paura di perdermi. “Vedi” – mi dice nel bel mezzo di un anonimo prato – “se da qui prosegui dritto arrivi ad un punto dove non puoi più tornare indietro nemmeno con un mono. Ce ne sono finiti diversi, compresi alcuni miei amici, e non ti dico quello che ho dovuto fare per tirar su le moto… il vero percorso gira qui, solo che in pochissimi lo conoscono e ingenuamente proseguono dritti seguendo l’unica strada tracciata.” - “Dove qui? Io non vedo nessuna traccia?” – “Qui… “ - “io continuo a non vedo nulla… Giancà, vero che non hai l'alzheimer? Non vorrei trovarmi in qualche situazione poco piacevole… poi chi gli e lo dice a mio fratello che deve venirmi a tirare fuori quaggiù nella Marsica? Quello piuttosto mi lascia sbranare dai lupi e dagli orsi…” ”Tranquillo Manuè, sei in buone mani..” - “sperem…” (penso tra me e me).
Il nostro percorso prosegue senza problemi tra boschi, prati, sentieri e pietraie. Il ritmo non è sostenuto e questo ci permette di vedere meglio il panorama che ci circonda. In prossimità di una curva ci fermiamo, pochi passi ed ecco apparire come per magia il lago di Scanno!
Che spettacolo!
Un paio di foto e giù a tutta, fino alle rive del lago dove ci fermiamo a mangiare qualcosa. La sosta ci permette di riprendere il discorso lasciato ieri, quello sull’Abruzzo, la sua storia, e i Tratturi. “La pecora: era lei al centro dell’economia di queste terre! Di qualunque cosa parli qui in Abruzzo, ricordati che dietro c’è sempre la pecora…” - riprende Giancarlo. Mi parla di tracce, resti che a noi comuni mortali non rappresentano nulla, una pietra messa nella terra con una scritta che nemmeno si legge, indiscutibili segni di una storia che nessuno conosce… La sua passione è travolgente, mi accorgo che dietro il suo andare per sterrati c’è qualcosa di particolare, non una banale voglia di andar a spasso, ma una attenta e mirata ricerca della storia e delle tracce che questa ha lasciato. Sono sbalordito, ed allo stesso tempo entusiasta di essere qui. L’andar per sentieri passa in secondo piano, questo è un giro diverso, questo è un giro alla ricerca della storia (…chi l’avrebbe mai detto?).

Visitiamo i resti di Frattura, paese abbandonato anni fa per via di una frana, una fugace visita a Castrovalva proprio sopra le gole del Sagittario e in pochi minuti siamo all’agriturismo La Porta dei Parchi. Il nostro viaggio immaginario nella storia prosegue tra superbe pappardelle, deliziosi arrosticini, ricotta con miele e noci che sembra panna montata :-))))) Conosciamo una signora anch’essa appassionata di storia locale e subito parte un confronto serrato tra lei e Giancarlo. E’ subito lotta armata: informazioni, notizie, libri, reperti storici, ognuno gioca le sue carte, in una guerra dove non si fanno prigionieri. Io sono tentato di abbandonare il campo, ma resisto stoicamente concentrandomi però sull’ottimo vino della casa. Alla fine finisce patta, ma secondo me Giancarlo era più forte… Prima di abbandonare il campo di battaglia (dimenticavo: anche finire il succulento pranzo è stato un durissimo combattimento, anche se piacevole slurp! ) chiediamo al proprietario lumi su come adottare una pecora, iniziativa tipica di questo locale. Ci danno qualche informazione ma ci rimandano al sito http://www.laportadeiparchi.it

Risalire in sella con la pancia piena è sempre una tragedia, ma farlo e dover subito affrontare una salita con pietre smosse è un suicidio legalizzato! La moto va dove vuole lei, provo ad oppormi, ma tutte le forze sono impegnate a digerire il pranzo: a stento riesco a rimanere in piedi :-((((. Il nostro giro alla ricerca delle tracce della storia prosegue: un eremo nascosto in una valle, una pietra che segna il limite del tratturo… segni quasi invisibili che solo i veri appassionati conoscono. E dei percorsi in fuoristrada non ne vogliamo parlare? C’è di tutto e per tutti i gusti: dalle strade bianche, alle salite ripide, ai tratti veloci con mille curve, terra prati e pietre... Cavolo quanto amo andare in fuoristrada!

Per il giorno seguente abbiamo in programma un giro più corto e soft, ma si sa, con certa gente c’è poco da fidarsi :-PPPP Ci infiliamo in uno sterratone facile facile, filiamo veloci immersi in un rigoglioso bosco, e da li proseguiamo verso est. Su una strada perfettamente dritta immersa in una boscaglia impenetrabile vedo la freccia di dx lampeggiare… “Dove cazzo va Giancarlo? Non vede che c’è solo bosco li?” – penso tra me e me. Lo vedo che gira in un sentiero che nemmeno si vede, infilandosi in un fitto bosco e per poi sfociare in una bellissima radura con salti e diversi saliscendi sfiziosissimi :-)))))) Con la bava alla bocca affronto questo bellissimo percorso, il tempo di prenderci la mano e siamo di nuovo su una sterrata facile facile :-( “Avevo in mente un percorso, ma lo sto cambiando per evitare la pioggia, adesso ti porto dove hanno fatto l’italiano di enduro” – dice Giancarlo tutto sorridente. A vederli dall’alto, i percorsi fatti durante la gara sembrano facili, ma all’atto pratico, anche i pezzi più semplici con le ciccione diventano un po problematici. Con qualche consiglio riesco a non sdraiarmi, ma a fine di una discesa la schiena di Giancarlo è ko.

A malincuore torniamo indietro, un caffè e puntiamo verso Celano.

Ora: una persona con un po di sale in zucca quando ha problemi fisici se ne torna verso casa facendo la strada più corta e semplice, il mio amico no, lui va comunque per sterrate. Ne facciamo alcune semplici poi man a mano la questione si complica un po fino ad arrivare li sotto: un bellissimo muro a secco dove scorre un bellissimo sentiero. L’avevo notato già ieri e mi ero chiesto se mai ci si sarebbe potuto passare con una cicciona, adesso è li di fronte a me, ripido e dritto. “Qui persino alcuni mono non ce la fanno…” esordisce Giancarlo. “Peccato io speravo di passarci con la mia moto” - ribatto - “lascia perdere, è troppo ripida e c’è della terra smossa…” - “sich” penso tra me e me, ma ascolto il consiglio del mio amico. Saliamo comunque il muro ma facendo un sentiero che taglia trasversalmente la parete, e devo riconoscere che nemmeno questo è proprio semplice. Arriviamo in cima al sentiero di prima: cavolo… è proprio ripido! Però la voglia di provarci ce l’ho ancora… “peccato però, mi sarebbe piaciuto provarci…” ribadisco io con una faccia da bambino a cui non hanno comprato il giocattolo :-)))) “Lascia stà Manuè, ti ci saresti solo fatto male…



Visto che hai ancora voglia di giocare ti porto nella palestra dove mi alleno di solito…” Lo sapevo lo sapevo lo sapevo… ti pare che questo disgraziato non aveva un posto segreto dove giocare? Assassino, volevi tenertelo tutto per te, eh????
Facciamo uno dei tanti sterrati facili facili e come sempre nel bel mezzo di un bosco ci infiliamo in un sentierino mezzo nascosto. Giancarlo fila veloce, si vede che conosce bene il percorso, io stento non poco; dopo pochi metri trovo una serie di 10 gradoni da mezzo metro con parecchie pietre che riducono le mie braccia a due pezzi di legno. “Piaciuto questo pezzo, eh???” dice Giancarlo tutto sorridente… “mannaggia a te, ho i muscoli a pezzi! Però mi son divertito come un bambino…” “dai che il meglio deve arrivare” e via su per una pietraia dove affonda miseramente manco fosse sul fesh fesh libico.


Foto di rito e torniamo a zigzagare tra i sentieri. Saliamo e scendiamo su per dei collinotti, Su uno di questi mi ci pianto ma poi torno indietro e ci salgo a tutta con la moto che scoda sparando sassi: libidine! Siamo entrambi cotti, ci avviciniamo (forse) a casa quando ecco, che come sempre, si inventa una deviazione delle sue e ci ritroviamo ad attraversare un fosso per poi spuntare in un posto dove alcuni sui amici stanno facendo una grigliata.
Due chiacchiere, che fate cosa non fate ed in pochi minuti siamo già seduti a mangiare con loro.


Penserete che sto sempre a mangiare, ma che ci devo fare? Come si può rifiutare l’invito a mangiare carne, nella fattispecie arrosticini? Un grifone vola alto sopra le creste della marsica, chissà, forse avrà sentito l’odore della carne alla griglia…



Giancarlo parte con i suoi racconti di storia, mentre io mi concentro sul vino e sulla cane :-))) L’ospitalità di queste persone è qualcosa di speciale, una cosa che dalle mie parti in parte si sta perdendo :-(

Al mio amico arrivano una serie di telefonate, vedo lo sguardo di Giancarlo preoccupato, sento che parla di un incendio… “Manuè, molla quella bistecca! Sbrigati, c’è un incendio qui vicino, dobbiamo andare a vedere cosa succede…” Filiamo a missile su per degli sterrati, mentre il fumo acre ha già invaso il piccolo angolo di paradiso dove stavamo mangiando. Arriviamo poco fuori il paese dove dei ragazzi stanno spegnendo le fiamme con dei rami, chiediamo se hanno bisogno di una mano, ci fanno cenno di no, proseguiamo raggiungendo il fronte est dell’incendio. Altra gente è impegnata su questo fronte, parcheggiamo le moto in una zona sicura e ci uniamo a loro. Per fortuna non ci sono grandi piante ed in poco tempo, grazie anche all’aiuto dei vigili del fuoco, fermiamo le fiamme. Torniamo al paese per vedere com’è su la situazione, sembra tranquilla, tutto il paese è mobilitato, mentre a paco a poco arrivano i rinforzi. “Visto Emanuè – mi dice tutto sorridente Giancarlo – in questo giro non ci siamo fatti mancare nulla…” Vorrei prenderlo a sberle per i prossimi 2000 anni, ma me lo dice con una faccia cosi tenera che non oso dir nulla e annuisco (e poi, voglio vedere chi ha il coraggio di contraddire uno cosi grosso).

Arriva il momento dei saluti, decido di evitare la sardostrada attraversando il parco nazionale Sirente Velino per poi buttarmi sul Passo del Cappannelle, Amatrice… Salendo sul passo delle Capannelle inizio ad avvertire uno strano formicolio, guardo una sterrata e penso che non è il caso di andarci, la seconda idem, la terza come sopra; quando arrivo al valico e vedo la sterrata che scende verso fondo valle non so resistere: l’ho osservata troppe volte, devo andarci!

Sono solo, stanco e con il bauletto, ma la voglia di andarci è troppa. Lo sterrato scende fino a valle, passo a fianco di un grosso bue con delle lunghe corna, strizza da paura e proseguo tranquillo verso l’ignoto. La carreggiata è bella larga e pianeggiante, promettere bene! Resisto alla tentazione di provare qualche tratto alternativo ma dopo poco mi ritrovo nella peggiori delle situazioni: un bivio! Due strade della stessa larghezza, una sale e un’altra prosegue in piano. “Dubbio atroce, mannaggia a me e a quando non mi compro un GPS. Cazzo cazzo cazzo, che faccio? Boooh? Vabbè proseguo percorrendo quella in piano.” La strada si infila in un bosco, non una traccia di qualche mezzo, ma in compenso la strada non si restringe. Trovo un tratto ripido in discesa, “c’era da aspettarselo!” ma non mi lascio intimorire e proseguo. Lo so, sono un incosciente, ma adoro perdermi. Trovo un bosco tagliato di recente e delle tracce di un trattore, riprendo coraggio e mi godo finalmente il silenzio surreale e la bellezza di questo luogo. Attraverso un guado in secca, pochi metri e sono in un paese, mi fermo.

”Scusi, mi sa dire che paese è questo?” domando ad una ragazza. Questa mi guarda perplessa, non sa se è un pretesto per saltarle addosso o se sono davvero matto. Mi dice il nome ma io a mia volta la guardo perplesso perché non lo conosco minimamente.”Perfetto. Mi scusi ma… per andare ad Amatrice dove andare?” La ragazza mi lancia un’occhiata fulminea, forse pensando che la sto prendendo in giro. Prosegue il suo cammino e mi indica la strada… Abbandono miseramente ogni speranza di approfondire la sua conoscenza, mi avvio mestamente verso Amatrice rinunciando definitivamente a cercare altri sterrati…


Mané


Le foto sono qui
http://picasaweb.google.it/manetransalp1/MotoTratturiDAbruzzo


Strade dimenticate

lunedì 31 agosto 2009

Una sottile linea bianca, a volte tratteggiata: ecco come di solito
appare una "strada dimenticata" su una cartina.
Una linea bianca che corre nel nulla, niente paesi ne luoghi famosi,
montagne sconosciute, nomi che non riesco nemmeno a pronunciare, la
desolazione che traspare dalle colorate pagine della mia michelin...

Eppure, eppure queste strade suscitano in me un fascino indescrivibile,
un'attrazione fatale a cui non riesco a resistere, è amore a prima vista!
Devo andare, devo scoprire, devo vedere di persona!

In una calda giornata di agosto mi ritrovo sulla A14 diretto verso sud.
Odio la sardostrada, odio il traffico caotico degli esodi estivi, ma so
che durerà poco, quarantacinque minuti al massimo, il tempo di arrivare
ai piedi della Majella dove comincerà questo lungo tour alla ricerca
delle "Strade Dimenticate".

Di solito per arrivare ad uno dei punti più suggestivi della Majella si
sale da Scafa verso il passo Lanciano per poi salire al Blockhaus.
Questa è la strada che più io meno conoscono tutti, ma a ben guaradare
la cartina, poco vicino corre la prima strada dimenticata della
giornata, quella che nessuno (me compreso fino a quel momento) percorre.
Da Scafa giriamo verso S. Valentino in Abruzzo, proseguiamo e giriamo a
sx verso Roccamorrice.

Un dubbio sulla strada da seguire mi da tempo di fermarmi ad osservare
il monumento ai "Fratelli Emigranti".
C'è una data: 25/07/1952, cavolo com'è cambiato il mondo in
cinquantasette anni!
Una volta eravamo noi gli albanesi, i rumeni, i curdi, che migravano in
terra straniera alla ricerca di una speranza, di un posto di lavoro, di
un'occasione per cambiare la nostra vita.
Penso ai miei genitori, alle umiliazioni che hanno subito in terra
Svizzera, ai tanti "sporco italiano" che si son sentiti dire, ai treni
stracarichi e maleodoranti, ai tanti paesi spopolati a causa
dell'emigrazione, all'amore, (eh si, quello c'è sempre in ogni storia),
quello che in terra straniera è sbocciato tra i miei genitori...
Una serie di emozioni mi pervadono, ci vorrebbero dei giorni per
metabolizzarle tutte, ma le strade dimenticate chiamano, l'Appennino è
li che aspetta!

Partiamo: la carreggiata si restringe, brulli prati ricoperti da fiori
multicolori fanno bella mostra di se, mucchi di pietre grigie si
trasformano come per magia in piccoli rifugi per pastori, il nulla più
assoluto intorno a noi!
Siamo soli!
Non una macchina, non una moto, solo falchi, alcune ghiandaie ed una
volpe che scappa incuriosita.
Facciamo foto, ma come cavolo vuoi che una foto faccia capire la magia
di questo posto?
Questo luogo non va visto, questo luogo va vissuto e per farlo devi
venirci e fermartici!
Ci facciamo letteralmente largo tra animali selvatici di ogni genere
mentre la strada si inerpica sinuosa dentro un faggeto immerso in una
nuvola bassa.

Il sole scompare, le nostre deboli luci faticano ad aprirsi un varco in
questa foresta oscura, la paura ci pervade: dove siamo finiti? E se ad
un certo punto finiamo su un burrone? Con questa poca visibilità chi se
ne accorgerebbe? E poi... si vabbè lo ammetto, io alle streghe non ci
credo, ma stavolta ho paura di vedermene apparire una incazzata nera per
aver dissacrato un posto di tale bellezza...

La nuvola per qualche istante si dirada, la Majella ci appare
prepotentemente con tutta la sua maestosità e la sua imponenza, quasi a
volerci dire:"benvenuti stranieri, ricordatevi che qui comando io, voi
siete solo degli ospiti nemmeno tanto desiderati".

Raggiungiamo il valico di Fonte Tettone, dove la strada dimenticata si
riallaccia alla più nota strada che porta al Blockhaus. Divoriamo i
tornanti che portano in cima, e ci fermiamo ad ammirare il panorama: lo
sguardo spazia dalle Marche fino alla Puglia, mare e montagna sono
separati da pochi km, il caos dei villeggianti ed il silenzio surreale
della Majella separati da pochi km...

In un luogo cosi bello ti aspetti di trovare frotte diescursionisti,
macchine parcheggiate in ogni dove, ed invece: il deserto!
Strade deserte: cosi avrei dovuto chiamare questo report!
Strade belle, strade sinuose da mille e una curva, strade in grado si
appagare la guida del motociclista più esigente, ma DESERTE!

La tabella di marcia è lunga, il tempo di alcune foto e siamo di nuovo
in sella.
Scendiamo verso Passo Lanciano, una bella scorpacciata di curve veloci e
siamo a Pretoro.
Da qui proseguiamo verso sud lambendo Pennapiedimonte e Fara S. Martino.
In entrambi i paesi sarebbe da passarci delle settimane solo per vedere
le omonime gole, ma oggi siamo a caccia, caccia grossa!
Uno due dieci mille... ma quante cerve ci sono? Non si arriva mai!
Onestamente questa strada non mi ha mai entusiasmato, vuoi perchè la
strada è veramente lunga o perchè non è molto panoramica, non so perchè,
continuo a guidare svogliato.
Da Palena in poi la musica cambia, il paesaggio si fa molto più
ombreggiato, la strada inizia a salire e ritrovo qualche tornante.

Al passo delle Forchette ci fermiamo per una foto, salutiamo uno dei
pochi motociclisti incontrati in giornata (una ragazza per la verità) e
proseguiamo la nostra caccia alle strade dimenticate.
Pochi metri e poi giriamo a dx verso Campo di Giove.
Una stazione dei treni, alcune persone davanti ed il nulla più assoluto...
Siamo nel far west? No, solo ai 1260m di altezza della stazione di Palena.

Un bosco di faggi ci accompagna fino a Campo di Giove dove finalmente
troviamo tracce di civiltà.
Continuiamo a scendere fino a Pacentro, piccolo borgo medioevale
dominato da un castello con due maestose torri. Il tempo di una foto, e
siamo sull'ennesima strada dimenticata, quella che ci porta al passo S.
Leonardo. Se la prima strada dimenticata assomigliava vagamente al
Manghen, questa è lo Stevio in miniatura. Una serie di 15 tornanti con
muri a secco si inerpicano conducendoci verso il passo; non una
macchina, non un essere umano, solo noi, le nostre moto, e qualche asino
che ci osserva perplesso.

Superato il valico di S. Leonardo, i boschi lasciano spazio a dei
lunghissimi prati che degradano fino a Tocco da Casauria, mentre la
strada ci conduce dolcemente fino a Sant'Eufemia alla Maiella dove
decidiamo di fermarci per mangiare un panino.
Il paese è semideserto, con grande stupore non troviamo un bar o un
chiosco che possa farci un panino ed una birra! A malincuore proseguiamo!

Il cerchio si chiude a Scafa, ma non il nostro viaggio.
Percorriamo la Tiburtina fino a Torre de Passeri e da li saliamo verso
il valico di forca di Penne.
L'ennesima strada dimenticata scorre tortuosa tra pascoli e campi
coltivati, fino al valico dove una antica torre di avvistamento fa bella
mostra di se.
Giriamo a sx, anche qui non troviamo anima viva lungo il percorso, solo
la sontuosa rocca di Calascio che dall'alto dei suoi 1400 metri ci
accompagna idealmente fino alla piana di Campo Imperatore.
La desolazione ed il silenzio dei km scorsi sono solo un ricordo, la
piana è invasa da frotte di turisti intenti a cucinare superbi arrosticini.
L'odore della carene alla griglia è davvero irresistibile, ma la fame di
tornati ha la meglio tant'è che proseguiamo.
Il nostro percorso ci porta a scendere dal versante est, percorrendo la
strada che scende verso Farindola per poi girare a sx verso Castelli.
Descrivere i panorami, l'atmosfera fiabesca, la frescura di questa
strada è cosa ardua, cosi come è cosa ardua far conciliare il piacere di
guida con la voglia di ammirare tale paesaggio;
Decidiamo di fermarci di tanto in tanto concedendoci però ampi tratti di
guida veloce.

A Castelli la frescura del bosco è già solo un ricordo, l'afa mista alla
stanchezza ci mette ko, ma non molliamo. Scendiamo fino al santuario di
S. Gabriele, osservando impressionati l'imponente cima del Gran Sasso
d'Italia che domina l'intera vallata, e proseguiamo fino a Montorio al
Vomano.

A Marty arriva la telefonata del capo che le chiede di andare subito al
lavoro :-((((((
Il nostro giro alla ricerca delle strade perdute purtroppo si ferma qui,
alle porte del parco nazionale dei Monti della Laga, dove ci aspettavano
altre strade, altri luoghi, altre leggende.
Si ferma qui, nel cuore verde del centro Italia, un luogo a me molto
caro: è in queste strade che son passato durante il primo incontro
Lissta che ho organizzato.

Si ferma qui questo meraviglioso giro, ma non la voglia di andare alla
ricerca di luoghi, strade, paesi dimenticati: presto tornerò a caccia e
sarà caccia grossa :-))))

A presto

Mané

La Purverera si fa non si racconta.

giovedì 23 luglio 2009

La Purverera si fa non si racconta.

Questa è la prima ed unica regola di tutto questo giro.

E allora perchè cazzo sto qui a scrivere?

No ragazzi, io non vi racconto un bel niente!


Però posso narrarvi una favola, una favola di cavalieri e di
principesse, di orchi e di draghi, di foreste incantate e laghi abitati
da mostruose creature...


Immaginate...

Immaginate sedici cavalieri...

Immaginate cinque scudieri pronti ad aiutarli...

Immaginate questi cavalieri venuti di ogni dove per affrontare una guerra...

Immaginateli in sella ai loro magnifici cavalli con le rispettive
armature scintillanti...

Immaginate uno di questi cavalieri sedere in cima ad un sasso e
preparare i SUOI compagni di ventura alle sfide che li aspettano...

Immaginate questo lanciarsi con fierezza e spavalderia incontro alle
difficoltà seguito fedelmente dagli altri cavalieri...

Immaginate mostri, draghi, elfi, foreste impestate...

Immaginate questi cavalieri lottare ed avanzare lentamente e
faticosamente metro dopo metro affrontando prove via via più difficili...

Immaginate il sudore, la stanchezza, la fatica...

Immaginate una natura tetra ed inospitale...

Immaginate altresì luoghi incontaminati, paesi sperduti abitati da
fantasmi, alberi ultra secolari, laghi e fiumi abitati da draghi...

Immaginate orchi, minotauri, streghe, lottare contro questi fieri
cavalieri per impedirgli di raggiungere la terrazza promessa...

Immaginate gli abitanti del posto osservare con diffidenza il passaggio
di questi cavalieri...

Immaginate cavalli imbizzarriti che disarcionano i cavalieri, cavalieri
feriti nell'orgoglio e nel fisico risalire faticosamente in sella, altri
cavalieri correre a dare una mano ai loro compagni di ventura...

Immaginate lo sguardo fiero della loro guida osservare tutto questo
dall'alto, preoccupato ma contento nel vedere i SUOI cavalieri, battersi
coraggiosamente...

Immaginate il paesaggio cambiare, boschi incantati lasciare spazio a
prati circondati da profondi burroni...

Immaginate altre creature mitologiche ostacolare il passaggio dei
cavalieri...

Immaginate cavalieri, lottare ancora dopo ore ed ore di guerra...

Immaginate cavalli feriti ed allo stremo delle forze...

Immaginate lo sguardo stanco, affaticato, distrutto ma determinato dei
cavalieri...

Immaginate la caparbietà con cui questi cavalieri avanzano stremati...

Immaginate l'entusiasmo nel vedere la terrazza promessa...

Immaginate l'incredulità nel raggiungere questo posto...

Immaginate un sorriso beffardo ed incredulo celarsi sotto i loro elmi...

Immaginate feste, canti, balli, brindisi, al ritorno al castello...

Immaginate la contentezza e la felicità delle principesse nel vedere
tornare a casa i loro cavalieri salvi e vittoriosi...


Immaginate la contentezza, l'entusiasmo, la fierezza (sempre molto
contenuta) della guida nel vedere i SUOI cavalieri tornare e festeggiare
dopo essersi battuti con onore tutto il giorno...


Immaginate... immaginate che io non mi sia fumato 20 canne (anche se non
ci crede nessuno) e che tutto questo possa succedere
nell'ipertecnologico 2009...


Ok, smettete pure di sognare e tornate al lavoro, fancazzisti che altro
non siete...

Dedicato a tutte le principesse che aspettano a braccia aperte i loro
cavalieri, al ritorno da ogni battaglia.

JB

Buona Sorte

martedì 21 luglio 2009

*Dedicato a Lorenzo e a Sara, per la sfida che li attende*

Io non so niente di niente e poco avrò da spiegarti
perchè qui niente è facile e spesso cambiano le regole
ma cerca amore e amore dai e se puoi non negarti mai
dovrai rischiare di perdere per vincere ogni tanto

Io spero solo che tu
che tu abbia una buona sorte
io voglio solo che tu
che tu abbia una buona sorte
io pretendo che tu
che tu viva una buona sorte
non chiedo niente di più
poco o niente di più
anima mia...

Le amicizie verranno e passeranno col tempo
e i dolori nel petto si agiteranno col vento
ama il prossimo tuo e tutto quello che hai dentro
e non svenderlo mai, non svenderti mai...

Io spero solo che tu
che tu abbia una buona sorte
io voglio solo che tu
che tu viva una buona sorte
io pregherò perchè tu
perchè tu viva una buona sorte
non chiedo niente di più
poco o niente di più
anima mia...

Io spero solo che tu
che tu abbia una buona sorte
io voglio solo che tu
che tu viva una buona sorte
mi impegnerò perchè tu
perchè tu viva una buona sorte
non chiedo niente di più,
sì, poco o niente di più, anima mia...
non chiedo niente di più
anima mia…


Stadio

Il ritorno allo Scoglio dell'Aquila

Domenica 19 luglio

I muscoli mi fanno ancora male, la Purverera del giorno prima mi ha
lasciato senza fiato e con qualche ossa indolenzita...
Ma il richiamo del volo è troppo forte per restarmene dentro casa a
leccarmi le ferite, no, oggi non è una giornata per restare a terra!

Detto fatto, butto la vela e qualche indumento pesante in macchina e via
verso Castelluccio.
Anche stavolta mi ritrovo con Ubaldo, ormai divenuto sindaco di questo
sperduto paese. E' una giornata bellissima, poche nuvole, vento costante
diverse vele in aria... gli ingredienti ci son tutti per fare un bel volo!

E' la prima volta che torno a volare qui dopo l'incidente di Manu, un po
di paura ce l'ho ancora.
Mi consiglio con Ubaldo, cerco di capire quanto sono forti e frequenti
le raffiche, faccio mente locale di tutto quello che devo fare prima
durante e dopo il decollo, la paura di farsi male c'è non lo nascondo!

Ubaldo stranamente se la prende comoda, ma come gli dico che sto
aspettando lui, parte subito a missile. Lo seguo, vorrei poter dire a
ruota ma non è cosi: lui ha un paio di marce in più rispetto a me :-)

So che sotto lo scoglio dell'Aquila troverò turbolenza e la per forza di
cose perderò tempo, per questo decido di non seguirlo e di concentrarmi
sul mio volo.

Ho volato poco ultimamente, per questo sfrutto i primi metri per
riprendere confidenza con la mia attrezzatura e per trovare la giusta
posizione nell'imbrago.
Ma devo fare in fretta, la turbolenza inizia a farsi sentire da subito.
Non che ci sia chissà che cosa, ma per chi vola poco come me basta anche
un banale +3 per farmi venire la strizza. Inizio a ballare, cerco una
zona con ascendenze più lievi, ma non la trovo: ovunque si sale ballando
la samba.

Mi allontano dal pendio, niente, faccio le orecchie per scendere, niente!
Secondi che sembrano eternità, con la vela che sembra andare sulle
montagne russe...
Devo fare qualcosa, non mi sento a mio agio (me la sto facendo addosso
NDR) dove sono.
Che faccio che faccio... fanculo, mi avvicino al pendio, voglio proprio
vedere se la è cosi stronzo il vento!

La vela smette di ballare, l'ascendenza aumenta ma diventa più lineare
ed io inizio finalmente a respirare.

Supero quota 2000m, raggiungo gli altri volatori e mi metto a far foto.
Potrei starmene appollaiato quassù, a 2400 metri di quota, ma non è
nella mia indole.

Sono un viaggiatore, uno di quelli sempre in movimento, uno di quelli
che Beaudlaire descriveva nella poesia "il Viaggio"

"...ma i veri viaggiatori sono soltanto quelli che partono per partire;
cuori leggeri, simili agli aerostati, essi non si separano mai dalla
loro fatalità, e senza sapere perché, dicono sempre "Andiamo"! I loro
desideri hanno le forme delle nuvole."

Ecco, questo sono io, nel volo come nella vita comune.
Frega nulla del dove, per me l'importante è andare, partire, scoprire!

Sono un po basso per giocarmi Castelluccio, oltretutto la fioritura è
già finita, ma non mi importa: DEVO PARTIRE!!!!!!
Attraverso lentamente la piana, ed inesorabilmente perdo quota.
Arrivo poco prima di Castelluccio a 1800m, sono troppo basso per provare
ad arrivare sopra il paese... DIETROFRONT!
Col vento in culo viaggio a 55/60km/h la vela trema, un po come faceva
la vecchia 500 di mio fratello quando nei discesoni toccavamo i 135km/h
:-)))

Arrivo basso sul vettore, 1600/1550 metri, pochi per sperare di
recuperare la giornata, ma sono fiducioso: il sole è ancora alto e
qualche termica c'è senz'altro.

La vela ha un sussulto, poi di colpo il vario torna ad emettere quel
"bip bip" che per noi volatori è come una sorta di battito cardiaco: se
è costante e lineare è sintomo di buona salute ovvero di una salita
dolce e lineare, se troppo forte è sintomo di grandi ascendenze si ma
con il rischio di pericolose chiusure (tachicardia?), se troppo debole è
sintomo dell'avvicinarsi della fine del volo...

Il bip bip del vario come il battito del cuore: dite che è ho esagerato?

Ma questi paragoni lassù non hai nemmeno il tempo di pensarli, quando
sei in termica sei concentrato sul volo, su dove salire, su come fare a
tenere aperta la vela ed, in qualche caso, su dove fare la pupu :-PPPPP

La mia risalita al Vettore procede lenta e costante, supero un breve
tratto di turbolenza e torno a fare il pelo ai prati. Pochi passaggi
ancora e sono di nuovo lassù, tra cielo e nuvole.

Per un po metto da parte le mie velleità zingaro-volatorie e mi metto ad
osservare il panorama.
Oggi, a differenza di altre volte, il Gran Sasso d'Italia si vede
davvero bene.
Rocce di un rosa pallido spuntano tra una nuvola e l'altra, contrastando
con il verde acceso dei prati dei monti della Laga.
Più a sinistra la montagna dei Fiori, circondata da delle labili strisce
azzurrastre che altro non sono che il mar Adriatico.
Più a nord fa bella mostra di se il monte Ascensione e ancora più
lontano il monte Conero che sbuca come un miraggio dalla foschia...
Ah, non mi abituerò mai a simili spettacoli :-))))

Ma il mio sguardo cade più vicino, poco a destra della cima del Vettore:
casa mia.
Il monte Ceresa preclude alla mia vista la casa dei miei, ma so
esattamente che è li sotto a pochi km da dove mi trovo.
La tentazione di partire ed andare a casa è forte, molto forte. Vorrei,
mi avvicino al versante est ma so che non posso spingermi più di tanto,
il vento in queste zone non perdona, ed io che l'ho sperimentato di
persona, lo so bene...

Ce la farò un giorno ad arrivarci? Chi lo sa.
Certo sarebbe bello...
spuntare da dietro la Croce, il picco che domina il mio paese...
passare alto sopra casa, e poi iniziare una serie di 360 larghi larghi
per perdere quota e godermi il panorama...
eh si, sarebbe proprio bello...

Il mio volo continua, faccio un passaggio davanti allo scoglio
dell'Aquila, mi allontano quel tanto per perdere quota e poi mi
riavvicino per godere da vicino della maestosità di questa roccia.
Passo oltre e torno a salire.
Sono di nuovo a 2400m quando Ubaldo, diavolo tentatore, si fa
vivo:"Andiamo al Guaidone?" - "perché no? ANDIAMO!!!!!"

So che allontanarsi in questo momento significa rinunciare a vedere il
tramonto dalla cima del Vettore, ma oggi non m'importa. Punto la vela
verso sud e la lascio scivolare dolcemente lasciando i comandi. Ubaldo è
in posizione favorevole per delle bellissime foto al tramonto e ne
approfitto.
Mentre i miei occhi si perdono nelle mille sfumature della piana, mi
sento un po come quando il giorno prima son sceso dalla terrazza di
Orfeo dopo aver lottato per oltre 200 km: rilassato e appagato :-)))

Ma Ubaldo è un volatore insaziabile, dopo poco vira deciso verso est e
punta verso Forca.
Vuoi che lo lascio andar da solo? Certo che no :-)))
Via, rincomincia l'avventura, una nuova sfida, un'altra guerra da
combattere :-)))

Ubaldo passa largo in piana, mentre io tiro dritto verso il decollo.
C'è vento, ma non so quanto durerà.
Arriviamo quasi a Forca Canepine, ma mi rendo conto che il vento sta
calando e torno verso il Vettore. Passo sopra dei falchi che si stanno
azzuffando in volo, per qualche istante ho paura di essere coinvolto, ma
non considerano proprio :-)))
Arrivo al pelo al decollo di Forca, recupero qualche metro, ma c'è un
aliante radiocomandato che non mi fa star tranquillo.

Non ha senso rischiare, ho già fatto abbastanza per oggi, via veloce
all'atterraggio del vettoretto dove la mia vela si appoggia dolcemente
al suolo con la grazia di una farfalla :-)))))))

Ciao

Manè

Le foto del volo sono qui
http://picasaweb.google.it/manetransalp1/ParapendioVoloCastelluccio19072009#

Purverera 2009

lunedì 20 luglio 2009

E' andata, anche l'edizione 2009 della Purverera è finita.

Ho male alla gamba alla spalla al collo e ad altre parti che nemmeno
sapevo di avere, ma sono contento: anche quest'anno ce l'ho fatta ad
arrivare alla fine.

Il primo anno puoi dire che hai avuto culo, che non sapevi cosa ti
aspettava e l'hai affrontata con quel pizzico di incoscienza che ti ha
aiutato ad arrivare alla fine, ma la seconda volta NO!

Stavolta sapevo quello a cui andavo incontro, conoscevo parte dei
percorsi ma non i tratti nuovi e più impegnativi. Lo sapevo ed ho deciso
lo stesso di affrontare questa meravigliosa avventura che è la
Purverera. Incoscienza? No, solo la voglia di divertirmi e di mettermi
alla prova.

Come sempre ho avuto paura, i giorni prima come durante tutto il giro.
So bene che una distrazione, un attimo di stanchezza, il sottovalutare
anche la minima asperità, può costarti caro, molto caro; lo sa il
guerriero Fantasma che durante la ricognizione di pochi giorni fa con il
mono si è fatto male e a cui vanno i miei auguri di pronta guarigione.

Paura mista a una "strana" sicurezza in me stesso e nel mio mezzo.
Mi ripetevo" l'hai fatta lo scorso anno, cosa vuoi che sia farla anche
quest'anno -- sei cresciuto, guidi molto meglio, non sei più un bambino
in fasce, adesso sei un guerrieri, anzi no un Iron Man -- la moto dopo
anni è come la volevi tu, un po più leggera e prestante, cosa ci vuoi di
più?"

Ma la paura resta, e deve essere cosi.
Buttarsi a tutta su una salita lo sanno far tutti, ma buttarcisi in modo
per arrivare in cima senza farsi male reagendo prontamente in caso di
problemi, è una cosa ben diversa, ed in questo la paura è una fedele
consigliera ed amica.

Me la son tenuta ben stretta durante tutto il viaggio, insieme ad
un'altra amica: la rabbia!
Non le ho mai subite come succedeva anni fa, le ho utilizzate a mo di
Kers, il sistema di recupero di energia che ti da quella spinta in più
nel momento del bisogno.

Alla fine tutte queste componenti mi hanno portato esultante alla
Terrazza di Orfeo.

Cadute? Diverse.
Da ricordare: una vicino Force ed una sopra Montegallo.

La prima stupida, in pratica son caduto provando ad uscire da una
"rotaia" in uno degli sterrati più facile di tutto il giro; sono finito
violentemente a terra sbattendo testa e spalla (quella che mi ero rotto
in Libia ovviamente). Niente di rotto ma la spina dorsale mi ha dato
fastidio per tutto il giro.
Vabbè, nei prossimi giorni faccio un salto da Mano per dare una
controllatina.

La seconda, stupida anch'essa ma spettacolare: in pratica son finito
sotto un strada con mezza moto e per uscirne ho dovuto buttare tutta la
moto sotto strada e poi risalire.
Il guerriero Dentiere ha sudato sette camicie per tirarmi fuori, poi mi
ha scortato per tutto il resto del giro (grazie!).

Che altro dire: grazie ad Orfeo ideatore ed organizzatore di questa
bellissima avventura.

Al prossimo anno

Mané in arte Joe Bar

La valle incantata

giovedì 9 luglio 2009

14/04/2008

Detto cosi sembrerebbe il titolo di un film di avventura, invece è il
sunto di una giornata passata sulle montagne abruzzesi. Partiamo da casa
di Marty a L'Aquila accompagnati dalla fedele "nuvoletta dell'impiegato"
che ci scarica addosso il solito acquazzone; Eolo, forse impietosito nel
vederci sempre bagnati ogni volta che prendiamo la moto, decide di darci
una mano e in un attimo spazza via il nubifragio dalla nostra strada
:-)))). Puntiamo decisi verso l'altopiano delle Rocche, gustandoci il
magnifico panorama della pianura aquilana e del Gran Sasso d'Italia.
Svalichiamo a 1400m, l'aria è pungente, solo il sole che a tratti fa la
sua comparsa tra delle nuvole che corrono al galoppo, ci concede un
leggero sollievo.

Attraversiamo veloci il lungo rettilineo che porta da Rocca di Cambio a
Rocca di Mezzo, e da li ci immettiamo su una stradina che si infila
decisa tra due montagne innevate. I paesaggi che ci si parano di fronte
sembramo presi da un libro di fiabe, solo la presenza di qualche oggetto
lasciato da qualche sciagurato escursionista rovina la magia di questo
luogo. Passiamo tra due montagne e dopo pochi metri ci si para di fronte
la "valle incantata": prati a perdita d'occhio e un silenzio surreale
rotto solo dal soffio incessante del vento. E' una sorta di Castelluccio
miniaturizzato, solo che qui la presenza umana si vede di meno. Rispetto
a 3 anni fa questo luogo ha perso un po del suo fascino, al piccolo e
caratteristico rifugio ne è stato affiancato un altro (ancora in
costruzione) molto più grande che niente a che vedere con la semplicità
e la bellezza dell'ambiente che lo circonda :-(. Provo ad infilarmi
nello sterrato che scende a Ovindoli ma un divieto di accesso mi fa
desistere.

Torniamo indietro, raggiungiamo Rocca di Mezzo percorrendo un'altra
stradina, anche questa veramente bella che scopriremo poi essere la
vecchia ippovia.
"Ma se è un'ippovia perché la asfaltate mi chiedo?" Rimango con il mio
dubbio e raggiungo Ovindoli.
Raggiungo gli impiantio di risalita e prova a percorrere in senso
contrario lo sterrato che avevo abbandonato in precedenza. Non vedo
divieti di nessun genere e proseguo; dopo pochi metri e ci si para
un'altra bellissima vallata, due curve e trovo neve: da qui non si passa
:-((((((((( In lontananza vedo una stradina che si inerpica su verso il
rifugio. Marty più che mai rassegnata, acconsente. La prima parte è
molto bella e divertente, a sx ci si parano le montagne della marsica a
dx un bellissimo bosco di conifere. Il fondo è ottimale ma nella parte
finale la strada diventa ripida e il fondo fi fa molto mosso: in due è
proprio il caso continuare. Torniamo indietro ma alla fine della vallata
vedo l'ennesima stradina che... vabbè avete capito ;-)))).
Mi ci infilo, ma dopo aver sentito sbandare paurosamente la moto Marty
mi lascia proseguire da solo.
Gaaaaaaaaaas!!!!!!!
Filo veloce attraversando la vallata, riprendo il primo sterratone,
faccio alcuni metri e trovo un altro pezzo innevato, lo bypasso passando
nel bosco, faccio 500m poi... mi devo arrendere: la neve è veramente
troppa e non ci sono altre strade. Torno da Marty che nel frattempo ha
fatto conoscenza con una quaddista di passaggio.

Torniamo sui nostri passi e scendiamo fino a Celano.
Chiamo Giancarlo, un endurista conosciuto tramite internet: ci prendiamo
un caffè insieme e ci mettiamo a parlare ovviamente di percorsi in
fuoristrada e alla fine si offre di guidarci attraverso alcuni sterrati.
Come rifiutare un invito del genere? Il tempo di cambiarsi e il rombo
del suo cagiva elefant 900 inizia a farsi sentire :-))))))) Per me
questa era e rimane una gran moto. Poche curve ed imbocchiamo il trattuo
L'Aquila-Foggia:"se prosegui da qui arrivi fino a foggia senza toccare
asfalto" mi dice con tono fiero "ma ci vogliono dei giorni"
"verrò" gli rispondo io "presto verrò" :-))))))) Nel primo tratto del
tratturo il fondo è compatto e filiamo abbastanza veloci; facciamo pochi
metri su asfalto e lo riprendiamo.
"Adesso c'è un guado, poi il fondo è viscido, in coppia avrete qualche
difficoltà ma niente di impossibile"
Affontiamo decisi il guado (il primo per Marty) e seguiamo la nostra
guida. Il fango fa la sua comparsa e mi mette in difficoltà. Proseguo
con il mio passo tranquillo, Marty mi stringe forte, la caduta di
qualche mese fa sul fango se la ricorda ancora bene. Altro tratto, qui
il fondo è sempre viscido ma la cosa brutta sono i rifiuti abbandonati
ai lati :-((((((((( E' un peccato vedere rovinati dei posti cosi belli
dalla stupidità umana :-(((((((((

Abbandoniamo il tratturo, e dirigiamo verso Forca Caruno. Altro
sterratone, largo e facile ma nella parte finale troviamo un salitone
con fango. Giancarlo va in avanscoperta e torna dopo pochi
minuti:"tranne la parte in salita il fondo è buono"
Proviamo, prima della salita Marty decide di non rischiare e scende. Io
salgo tranquillo e alla fine della salita poso la moto e gli vado
incontro. Dopo pochi secondi la vedo arrivare in sella alla Elefant di
Giancarlo:"bho, valle a capì ste femmine! :-|||" Continuiamo a salire
verso Forca Caruso, alterniamo brevi tratti asfaltati a bei tratti sterrati.
I paesaggi sono da far west: natura desolata, immensi prati arsi e
nessuna traccia di alberi per chilometri.
Siamo nel nulla! :-)))))
L'unica traccia della presenza umana è data da dei grossi mulini a vento.
Torniamo sulla strada asfaltata, pochi km di asfalto e ci ritroviamo
nell'ennesima vallata sperduta della giornata.
Ci infiliamo nello sterrato che la attraversa, e che ci permette di
ammirare questo luogo da un punto di vista privilegiato. Riprendiamo la
strada asfaltata dei pressi di Forca Caruso, dove la nostra guida si
congeda.

Ci sarebbero altre millie strade da fare, alcune ancora più belle e
tecniche, ma il tempo, il fondo, la neve, oggi non lo permettono.
Salutiamo a malincuore il nostro amico, ma con una promessa: RITORNEMO!

Mané&Marty

"Scusi, per Reggio Calabria?"

giovedì 25 giugno 2009

Un pensiero ricorrente, un'idea, un sogno da realizzare...

Savona - Reggio Calabria alla ricerca delle strade perdute, quelle raccontate dallo scrittore Paolo Rumiz in "Appennino, il cuore segreto".

Non una sfida, ma solo una lenta e sinuosa cavalcata attraverso storie, paesi, strade, montagne dimenticate.

Io la mia moto e il racconto di Paolo Rumiz come guida, una traccia da seguire all'occorrenza, senza vincoli e senza una tabella di marcia precisa.

Manè

La terra di Mezzo di MIF

mercoledì 24 giugno 2009

19 moto che corrono lungo uno sterrato: il rombo dei motori, sassi
sparati a mò di mitragliatrice, fango e polvere che si infilano
dappertutto...


poi...


...poi una mano si stacca da uno dei manubri...


...si protende verso sinistra fino a toccare le foglie verdi...


...una scossa pervade il tutto!


La natura e l'enduro per un istante, magicamente, si fondono e diventano
una cosa sola!


Il gruppo prosegue senza quasi accorgersene, ma da questo momento nulla
sarà più come prima: non più una semplice scorrazzata su per sentieri,
ma una RISPETTOSA (per quanto possibile con un'enduro) passeggiata alla
scoperta della natura e delle sue bellezze!


Quando mesi fa pensavo a questo giro, pensavo all'aspetto "tecnico" del
percorso, alle difficoltà, ai problemi a cui avrei dovuto far fronte...
(e non ditemi che sono troppo ansioso, ogni organizzatore che si
rispetti deve farlo!)

Scorrazzando in lungo e in largo per le mie zone pian piano i miei
pensieri hanno preso una loro strada, come cavalli imbizzarriti hanno
iniziato a seguire un loro percorso...


"meno difficoltà più bellezza!" il pensiero ricorrente.


Ne avevo fatto parola a Nuvola, anche lui era della stessa idea: non
restava che trovare i percorsi!


Sabato mattina il cielo minaccia il diluvio universale!

Messaggio veloce:" Nuvola, porta maschera e pinne che oggi ne avremo
bisogno!"

Uno scroscio di pioggia bagna appena la terra e poi di colpo il tempo si
rasserena.

I "ragazzi", nonostante l'abbuffata della sera prima, sono già svegli e
pimpanti, pronti per la battaglia.


Alle 8,30, puntuali come non mai, si parte: i primi km sono
un'invenzione di Nuvola.

In pratica si percorrono dei tratti facili della Purverera con uno
strappetto nella parte finale.

Nuvola e Turbo76 vanno avanti ed aspettano in cima, pronti ad
intervenire in caso di problemi: non servirà!


Dopo questa sorta di prologo, affrontiamo altri due sterrati molto
sfiziosi: il primo largo e panoramico, il secondo più stretto e sinuoso,
completamente immerso nel verde.

Se qualcuno aveva ancora sonno di sicuro si è svegliato di fronte a
questo parco giochi naturale :-)))


Raggiungiamo Venarotta e da li puntiamo verso l'Abruzzo.

Il Gran Sasso d'Italia che fa bella mostra di se davanti ai nostri
occhi, pian piano si avvicina, margherite e papaveri colorano prati
verdissimi, rigogliosi boschi sovrastando dolci colline che accompagnano
il nostro cammino...

Ci lasciamo "coccolare" dall'ennesimo sterrato, curve, sassi, pietre e
polvere scorrono veloci sotto le nostre ruote bramose come non mai di
scoprire cosa c'è dietro la curva, mentre Turbo76 si apposta in luoghi
improponibili pur di regalarci un'istantanea di questa giornata.


Il gruppo prosegue senza incertezze il suo cammino: Nuvola Prosciuttà ed
io, ci alterniamo alla guida del gruppo aiutati da tutti i partecipanti.

Altra collina da scavalcare, facile e scorrevole la salita, ripida e un
po' più tecnica la discesa.

Mano alzata in segno di rispetto alla vista della gente del posto, ma
appena fuori le case, gas e via con la moto di traverso!

Castel Trosino con il suo antico borgo, il suo lago e le sue sorgenti di
acqua solfurea accompagna dall'alto il nostro cammino. Una doverosa
sosta sulle rive dell'omonimo lago ci permette riprendere fiato prima
dell'ennesima salita e di ammirare meglio questo paesaggio.


Attraversiamo quello che molti (ma molti) anni fa era la "cortina di
ferro", il confine tra due mondi all'antitesi, l'emblema di una radicale
divisione tra il regno delle due Sicilie e lo stato papalino: il
torrente Castellano. Di questo antico confine oggi non ne è rimasta
traccia, solo alcuni ruderi e alcuni racconti che i vecchi del posto si
tramandano oralmente da molte generazioni.

Ma a ben guardare, quel confine lo si riconosce osservando il paesaggio:
più dolce e collinare quello delle Marche, più irto e selvaggio quello
dell'Abruzzo.


Ma non c'è molto tempo per pensare, lo sterrato seguente è impegnativo e
richiede concentrazione.

Saliamo veloci attraversando cave che fin dal tempo dei romani sono
servite a dar lustro ad Ascoli ed alle case del suo centro storico; il
travertino, duro come il carattere della gente del posto, sembra voler
ostacolare il cammino delle nostre moto che invece non si lasciano
intimorire, e proseguono imperterrite il cammino che le porta al pianoro
di S. Marco.


Saliamo fino a S. Giacomo percorrendo la strada dove da molti anni
campioni di velocità in montagna si danno battaglia a suon di secondi.

L'asfalto è perfetto come solo poche strade nelle Marche e molti ne
approfittano per fare due pieghe... qualcuno piega troppo e finisce per
terra su una curva veloce a destra.

Io arrivo qualche secondo dopo la caduta, vedo Turbo76 a terra sulla
sinistra e mi fermo per prestare soccorsi. Chiedo se è tutto ok, mi giro
a destra e vedo il mono di Fabio per terra e dietro un palo della neve
per terra... ci metto alcuni secondi per capire la dinamica della caduta
e per sincerarmi che nessuno si sia fatto male: anche stavolta il buon
Dio si è ricordato di noi!

Sistemiamo la moto di Turbo76 e indico a Fabio un concessionario vicino
dove poter acquistare una leva del freno. Sono tosti questi "ragazzi",
dopo nemmeno cinque minuti sono già pronti a risalire in sella :-)


Proseguiamo come da programma e ci infiliamo nel parco nazionale dei
monti della Laga: il paesaggio cambia radicalmente, la vegetazione si fa
più rada, i faggi prendono il posto delle querce, prati multicolore si
alternano a rocce... A Settecerri ci fermiamo per ammirare il panorama:
a est la Montagna dei Fiori, a sud il Gran Sasso D'Italia, a ovest i
monti della Laga ed il Vettore, a nord il monte Ascensione.

Siamo circondati!

Non c'è traccia dell'uomo, solo alcuni prati e sconfinati boschi da cui
spuntano alcune case diroccate. I nostri occhi si perdono in qualche
valle incantata, ma vengono prontamente richiamati da cronometrici
organizzatori :-)

Una larga e polverosa strada, sembra condurci alla corte del Gran Sasso
D'Italia che si fa sempre più grosso ed imponente! Qualcuno allarga la
mano per toccare le foglie, quasi a volersi sincerarsi della veridicità
di questo posto o chissà, a voler cercare un contatto con la natura...


Alle 12,45 siamo a Valle Castellana, in staorario per il pranzo :-)

Passano dieci minuti e vedo arrivare Fabio, entusiasta per aver
sistemato la moto (e per averla scampata NDR). Fette di pomodoro, di
formaggio, si mescolano a racconti di viaggi e ad una Nastro fresca
fresca... eh si, andare in moto è bello, ma stare intorno al tavolo a
sparar cazzate lo è ancora di più! :-)


Riattraversiamo il confine e rientriamo nello stato pontificio... ehmm
volevo dire, nelle Marche.

Una sosta sul ponte che attraversa il lago di Talvacchia poi veloce
salita fino a Rocca di Monte Calvo. Abbandonato l'Abruzzo, un'altra
montagna richiama la nostra attenzione: il Vettore.

Sarà lui ad accompagnarci per il resto del giro!


Raggiungiamo gli sterrati di Acquasanta, quelli che sulla carta sono il
pezzo forte della giornata.

Il primo tratto è abbastanza semplice e panoramico: terra e pietre con
qualche solco tanto per non farsi mancare nulla, insomma: l'ideale per
digerire!

Vedo che tutti gradiscono senza fare complimenti e in breve tempo siamo
alla fine.

Da bravi marchigiani, noi delle forchette abbiamo uno spiccato senso
dell'ospitalità, tant'è che subito presentiamo il piatto forte della
giornata: lo sterrato di Cagnano!


Il giallo delle ginestre e il bianco sporco del travertino, accompagna
la nostra tortuosa cavalcata attraverso questo ennesimo parco giochi
naturale. Superiamo agevolmente questo ostacolo e ci fermiamo per
riprendere fiato.

Racconti fantasiosi su questo percorso si mescolano:

qualcuno sostiene di aver superato alcune pietre che si muovevano...

qualcuno di essere stato inseguito da una quercia...

altri di aver incontrato un dragone e di averlo ucciso per arrivare in
cima...

Non so se credere a questi racconti, ma osservando attentamente i volti
dei "ragazzi" noto una strana cosa: tutti, ma proprio tutti, hanno quel
sorriso ebete tipico dei bambini...

Chissà perché?


Percorriamo veloci un piccolo altopiano e ci infiliamo nel bosco.

Grandi castagni secolari osservano il nostro cammino mentre il pensiero
ricorrente è che da un momento all'altro possa spuntare fuori qualche
elfo...

Piccole sorgenti alimentano pozzanghere scavate dal passaggio dei
trattori:"adesso facciamo i fanghi!"


C'è chi le evita aggrappandosi alle piante a mò di tarzan, chi prova a
farci una nuotata cercando di battere il record mondiale, chi non pago
di essersi lavato al primo passaggio, torna indietro per fare il bis
:-))))))))))


Altro tratto, stavolta i solchi sono più profondi:

qualcuno passa senza incertezze, qualcuno ruzzola a valle con moto al
seguito, qualcun altro prova a spianare i solchi con i cilindri, qualcun
altro ci si immerge fino a metà moto, qualcun altro mancando la sabbia,
si mette a fare castelli di fango...


Per qualche minuto non capisco nulla di quello che sta succedendo, chi è
passato, chi no, chi sono i dispersi, chi si è dato malato, chi è
tornato dalla mamma... :-)

Uno alla volta aiutiamo le moto a superare questo ostacolo (sperando che
ci siano tutte, NDR), mentre sudore, fango e spinte cementano il gruppo
come non mai.


Alla fine di questo percorso la stanchezza inizia a farsi sentire, ma la
voglia di sollevare polvere è ancora tanta. Puntiamo decisi verso
Roccafluvione, divorando in breve la salita che ci porta all'ennesimo
punto panoramico. Alti scheletri neri, ciò che resta di una pineta
bruciata, come fantasmi in una foresta spettrale accompagnano gli ultimi
metri prima di questo luogo ed incutono in me paura: la paura di chi ha
visto bruciare da vicino le proprie montagne senza poter minimamente
intervenire!

A distanza di due anni i ricordi di quei giorni sono ancora vivi nella
mia testa !

La strada corre per qualche metro su una roccia che domina una vallata,
ci fermiamo ad ammirare il panorama. Lo sguardo cade inevitabilmente
sotto, in una delle tante vallate sperdute dell'Appennino: "quello è il
paese dove sono nato e cresciuto!"


Veloce discesa fino a Roccafluvione, qui qualcuno decide di andare con
Orfeo a fare qualche tratto di Purverera, mentre io accompagno gli altri
all'hotel, dove arriviamo alle 18,05.

Mai successo di arrivare cosi presto e per di più con un gruppo di
persone che non conoscevo.

Devo dire che questa è la cosa che più mi ha colpito, la coesione e la
bravura di tutti, specie nei momenti più difficili: GRANDI!


L'ospitalità in terra marchigiana si sa, è sacra; al Belvedere questo
concetto è ancora più marcato che in altri posti e la proprietaria ce lo
dimostra per l'ennesima volta, servendoci porzioni industriali di
gnocchi, olive, carne e vino, dell'ottimo rosso piceno superiore che in
breve sparisce.


Alzarsi la domenica dopo una due giorni (il venerdì l'ho passato in giro
a provar percorsi con Nuvola) cosi è sempre dura, ma mi basta guardare
le facce dei partecipanti per ritrovare la carica necessaria per tornare
in sella.

Non puoi fregartene di loro, sono li, che ti osservano di nascosto,
quasi a volerti leggere nel pensiero per sapere dove li porterai e cosa
gli farai fare...


Chi si illudeva che avevamo giocato le carte migliori il sabato, è
destinato a ricredersi a breve:

le sorprese non mancheranno fino agli ultimi km.

Primi tratti facili facili, ormai anche Marty ci si addormenta, poi giù
fino al lago di Gerosa.

Foto e sterratino tranquillo, con una deviazione sfiziosa sul finale,
gentilmente consigliata da Orfeo. Curve e controcurve, uno sterrato
facile, altre curve e poi lo sterrato finale.

E' un percorso che conoscono in pochi, la ciliegina sulla torta di
questo giro: si parte da un bosco di castagni per arrivare fino ai prati
vicino Castelluccio. I quattro km di questo sterrato si snodano
all'interno di un bosco dove si incontrano querce, castagni, faggi, pini
e ginepri, il tutto con abbondanti scorci sul Vettore e sulle vallate
circostanti.


La pioggia ci accoglie a Castelluccio e ci obbliga a fiondarci al
ristorante in anticipo.

Claudio ci propone diverse specialità a cominciare dalla lenticchia per
finire ad un ottimo rosso.

Saluti baci ed abbracci a chi deve fare molta strada ma non a tutti: c'è
ancora qualcuno che non è stanco...ve possino!


E allora che fai? Vorrai mica deludere dei ragazzi?

Su veloci fino al fontanile, foto poi di nuovo a Castelluccio, poi a Balzo.

Mentre rabbocchiamo benzina Nuvola, sempre pronto a proporre qualche
nuovo tratto (fermatelo!!!), decide di giocare pesante: la salita al
Sibilla!


L'ennesima scorpacciata di curve e tornanti in versione Nuvola davanti,
papà, figlio, figlio, secondo papà, Mané&Marty. Mi fa strano vedere due
papà andare in giro con i rispettivi figli, senza litigare, con i figli
che li seguono senza sorpassarli :-)

La salita verso il rifugio è sempre bella e divertente da fare, per la
prima volta in due giorni mollo i freni, mi metto a tirare un po' ed in
pochi minuti siamo ai 1500m del rifugio.

Chiudo con questa immagine: sette amici seduti intorno ad un tavolo a
sparar cazzate mentre sorseggiano una birra fresca ed osservano
entusiasti, i 350km percorsi nei giorni precedenti!

Questo doveva essere ed (in parte) è stato questo giro: un'occasione per
stare insieme!

Grazie a tutti!

Mané

Le foto sono qui:
http://picasaweb.google.it/manetransalp/LaTerraDiMezzoMIF#
www.motoinfuoristrada.it

Non sono iscritta sul forum quindi lascio due righe qui...

Questa Terra di Mezzo era per me ormai la quinta esperienza come
organizzatrice...e non vedevo l'ora che arrivasse...ho iniziato per
caso, semplicemente per aiutare Manè..e alla fine ho scoperto quanto sia
bello ed emozionante...a differenza delle altre volte in cui i
partecipanti erano in buona parte amici che già conoscevamo, questa
volta non sapevamo chi avremmo avuto la fortuna di incontrare...e le
nostre aspettative non sono state deluse..persone stupende, compagni di
viaggio che fino alla fine si sono dimostrati fantastici...

Grazie davvero a tutti per le emozioni che ci avete regalato...speriamo
di rivedervi presto...magari alla TSP :-)