Pochi ma buoni

mercoledì 9 febbraio 2011


Sottotitolo: eravamo in 7 ora siamo rimasti in tre.

Era il lontano 2007 quando ci ritrovammo in dieci per fare un volo su Ascoli… Ricordo bene quel giorno, era il mio primo volo su Ascoli e l’emozione era tanta; ricordo il clima allegro e scherzoso, le battute, gli sfottò, poi il decollo, l’incredulità di fronte a quel volo da molti considerato ostico, la paura e l’adrenalina provata nel sorvolare i “grattacieli” di Monticelli, poi l’urlo finale una volta a terra! Si il volo su Ascoli per noi local era qualcosa in più di una semplice planata, era il NOSTRO VOLO!


Sono passati 4 anni da allora, alcuni di noi si sono persi, altri sono passati ad altri sport, altri ancora hanno proliferato ed hanno mollato; ma in questo via vai di persone c’è uno sparuto gruppo di volatori che resiste strenuamente alle vicissitudini della vita, e si ostina a perpetrare il volo su Ascoli; non un semplice volo, ma una sorta di rituale mistico da pochi compreso (noi per primi). Sono rimasti in pochi (tre quattro persone al massimo), sono diversi (si va dal neo padre di famiglia fino al cinghiale di vecchia data), sono diversi da tutti (dagli ascolani in particolare, che continuano a vederli come dei pazzi furiosi), sono… sono degli inguaribili romantici (ma ve lo daranno mai a vedere, perché vogliono apparire come dei duri).


Il rendez-vous è al solito posto, all’atterraggio di Monticelli, tra grattacieli, ospedale e chiesa. Fa sempre un certo effetto passare tra questi palazzoni, osservarli dal basso verso l’altro sapendo che da li a poco li si osserverà da tutt’altra prospettiva…  


i "grattacieli" di Monticelli visti da sotto
Piazziamo la manica a vento e saliamo subito verso il decollo di S. Giacomo, senza quasi fiatare, tanto ormai le indicazioni su come atterrare qui le conosciamo a memoria. 



Lentamente il Frontera si inerpica sui tornanti della montagna dei Fiori, mentre poco a poco le colline marchigiane si svelano in tutto il loro intorpidito splendore: dal Conero fino alla Maiella, dal Gran Sasso d’Italia fino al Vettore, la Montagna dei Fiori permette di spaziare con lo sguardo per centinaia di chilometri.

Un volo cosi ce l’hanno in pochi” – esordisce Ubaldo – “peccato che sia poco conosciuto ed apprezzato. Secondo me un panorama del genere in molti se lo sognano!”. Questo per lui questo sarà il cinquantesimo o forse il cinquecentesimo volo su Ascoli, chi lo sa: sentendolo parlare capisci da subito che è uno che la sa lunga, conosce a memoria ogni singolo cespuglio di queste montagne, sa sempre dove andare e cosa fare, ma c’è qualcosa di strano nella sua voce, ascoltandolo meglio avverti una vibrazione nel suo modo di parlare, qualcosa che solo orecchi attenti riescono a percepire: è emozionato! Per lui ogni volo è come il primo, ed è eccitato come la prima volta!

Il piazzale di S. Giacomo è invaso da frotte di sciatori, a fatica troviamo un parcheggio e subito iniziamo il nostro gioco preferito: il toto vento!
E’ un ovest, nord-ovest” - parte subito Ubaldo, “ma no, è nord si vede dai cirri” - ribatte Lorenzo “ no, non è cosi, devi tener conto della componente termica…” - esordisce Gianni. Si va avanti cosi per dieci minuti finché io non dico l’unica cosa sensata della giornata (a volte anche io dico cose sensate, che vi credevate?): “perché non andiamo in decollo a verificare di persona? Facciamo un volo corto poi decidiamo il da farsi”. Raggiungiamo la seggiovia e ci mettiamo in fila con altri 20 sciatori vestiti di tutto punto. Ci sentiamo un po a disagio, diciamola com’è, loro sono vestiti da campioni e noi indossiamo solo un paio di jeans. Siamo ridicoli dai, ci manca solo la camicia hawaiana e poi saremmo lo zimbello del paese. Sai che c’è: è che noi non facciamo scena! Loro, per come sono vestiti sembrano dei fuoriclasse, noi invece sembriamo degli abitanti di qualche isola caraibica finiti non si sa come lassù. Veniamo osservati con aria di superiorità per non dire di compassione, in fondo per loro siamo “i pazzi del volo”, quelli da tener lontano non si sa mai che ti possano infettare “il morbo del volo”…

Incuranti degli sguardi, arriviamo alla sommità della funivia e a fatica ci facciamo strada tra la neve per raggiungere il decollo. Sulla cima della montagna ci fermiamo qualche secondo ad osservare il panorama: nessuno parla, tutti sono assorti nell’osservare la magia di questo angolo di paradiso. Iniziamo a fantasticare su dove potremmo o vorremmo andare in volo, da qui sembra tutto più vicino, tutto a portata di mano ed anche il Conero alla fine… è “solo” a ottanta km. Vorremmo librarci nel cielo, volare leggeri e silenziosi attraverso i cieli del centro Italia, scoprire la magia delle nostre montagne, osservare dall’alto Ascoli e gli altri suggestivi borghi medioevali, sorvolare le dolci colline del Piceno e poi raggiungere le immense spiagge dell’Adriatico... Vorremmo, ma le nostre vele e la nostra abilità non ce lo permettono :-(

il decollo di S. Giacomo, sullo sfondo il monte Ascensione e dietro le colline marchigiane
Partiamo con una serie di voli corti, tanto per riprendere confidenza con l’angusto decollo e con questo strano aggeggio chiamato parapendio. Ubaldo, in piena crisi di astinenza da volo, dimostra di ricordare tutto a memoria, in pochi minuti apre le danze decollando senza sbavature e atterrando dopo due minuti in maniera impeccabile a base funivia. Nonostante i 10 km/h di vento, non c’è verso di rimaner su, e con un po di rassegnazione ci fiondiamo a base funivia, ognuno in maniera diversa, ognuno inventandosi un suo modo “particolare” di atterrare. Particolare… se mettere mezza vela sull’unico rovo di tutta la montagna dei Fiori si può definire cosi, allora lo dico: non sono atterrato a cazzo, sono atterrato in modo particolare!
A parte le mie divagazioni floristiche (e non ridete stronzi, se mi sono abbracciato un rovo è perché ho carenza d’affetto, mica per incapacità!) la giornata scorre allegra tra un voletto e l’altro in attesa di quello finale su Ascoli. Il sole è ancora alto nel cielo quando Lorenzo, Ubaldo ed io, saliamo sulla sommità della funivia.  

salendo in decollo
Le Marche sono coperte di una leggera foschia, mentre le montagne brillano della luce riflessa dalla neve, più a destra l’Ascensione si staglia maestosa nel cielo, poco sotto Ascoli con il suo meraviglioso centro storico e poco più ad est il quartiere di Monticelli, il nostro atterraggio.

Lorenzo apre le danze seguito da Ubaldo e da me, ormai deputato al ruolo di fotografo.

in decollo da S. Giacomo
Lorenzo prende la direttissima per Monticelli mentre Ubaldo segue una rotta inusuale, puntando dritto verso l’Ascensione e sorvolando il pianoro di S. Marco. Io mi ritrovo di fronte ad un bivio: seguire l’inedita rotta di Ubaldo o quella sicura di Lorenzo? Strada vecchia o strada nuova? La nuova, che domande! Vedete, conosco Ubaldo da 6 o 7 anni, so che se ha deciso di passare là c'è un motivo e sicuramente ha preso i suoi margini di sicurezza, soprattutto sapendo che ci sono io dietro di lui... Lo seguo fiducioso ed in breve raggiungo le “vene rosse”: regola vuole che queste rocce debbano essere tenute sulla sinistra, io invece ci sto volando sopra. Subito mi guardo intorno alla ricerca di qualche percorso da fare in moto, controllo alcuni sentieri che non avevo osato percorrere in moto, ma poi l’occhio va al pianoro di S. Marco e più in basso, ad Ascoli.

il pianoro di S. Marco
Eh si, vista da quassù Ascoli è ancora più bella! Ascoli la città delle cento torri che svettano fiere dai palazzi millenari, con il colle dell’Annunziata che lentamente scivola fino alla superba piazza del popolo, il palazzo dei capitani e la bellissima chiesa di S. Francesco, più a destra piazza Arringo con lo splendido duomo dedicato a S. Emidio e dietro il monte dell’Ascensione che domina sovrano sul Piceno. Ce ne sarebbero di cose da osservare, ma la vela continua a perdere quota e devo decidere il da farsi.

Ubaldo vola alto oltre lo stadio diretto verso l'ignoto mentre io sono ancora piuttosto indietro:“Oggi è in giornata, sarà difficile stargli dietro, meglio andare all’atterraggio” - penso tra me e me. Viro a est mentre Lorenzo sta già smaltendo quota sopra i grattacieli, poche virate ed è a terra: atterraggio da manuale! Sorvolo il ponte di S. Filippo, con il Tronto che scorrere impetuoso verso il mare attraversando una stretta gola, più a nord le prime case basse poi di colpo i grattacieli di Monticelli: adesso non si scherza più!

il quartiere di Monticelli con i suoi "grattacieli"
La paura mi pervade per qualche secondo, è un brivido leggero che mi pervade dalla testa fino ai piedi, una scossa, uno spruzzo di adrenalina chi mi fa urlare di gioia! E’ un’emozione unica arrivare qui dopo trenta minuti di volo, passare dal silenzio assoluto al caos della periferia, ritrovarsi catapultati in un atterraggio piccolo ed angusto dopo aver volato attraverso la immensità dei cieli, passare da avere 1500m di vuoto sotto i piedi, ad avere 50 m di palazzi, per poi infilarsi chirurgicamente in un piccolo prato incastonato tra i palazzi.
Mi do una pacca sulle spalle:”Dai ce l’ho fatta anche stavolta” – alzo lo sguardo – “Forza Golden, andiamo a fare il pelo ai grattacieli!”
Fare il pelo… atterrare qui non è uno scherzo, volare vicino ai grattacieli è bellissimo ma questo atterraggio non ammette errori, non si può sbagliare punto, altrimenti ci si fa male.
Mi tengo sulla verticale del fiume onde evitare di sorvolare il centro abitato, sfrutto la quota residua per ammirare ancora una volta la vallata del Tronto, Ascoli ma soprattutto loro, i grattacieli. Ogni volta mi emoziono ad osservarli da quassù, fanno davvero paura ma hanno un loro fascino, non so spiegarvelo, mi sento come Golia che osserva Davide dall’alto: io immensamente piccolo che osservo il gigante dall’alto!

Atterro io o atterri tu?
Ubaldo mi ha raggiungo e punta verso l’atterraggio; di nuovo io e lui, in volo, insieme, stessa rotta, stessa quota, stesso obiettivo: “atterro io o atterri tu?” Non posso chiederglielo via radio, e per questo aspetto a ovest mentre lui avanza verso est. All'improvviso parte con una vite stretta fino quasi a terra: è il suo modo per dirmi che va giù lui per primo. Mentre faccio una virata, l’occhio mi cade sull’ospedale e mi torna in mente un episodio successo qualche anno fa:”un dottore del prospiciente ospedale ci venne a salutare dopo essere atterrati. Ci aspettavamo un rimprovero per aver involontariamente sorvolato l’ospedale ed invece venne lì per ringraziarci; ci disse che ogni volta che atterravamo lui con i suoi pazienti si mettevano ad osservarci, ci disse che i suoi pazienti erano contenti ed entusiasti nel vederci atterrare e che per loro, noi rappresentavamo una speranza! Da allora, ogni volta che vengo qui, il mio pensiero va a loro e a quanti stanno male, a quanti soffrono, a quanti vorrebbero spiccare il volo ma non possono perché la vita gli ha tarpato le ali…”

Scatto le ultime foto, osservo con un po’ di rimpianto i grattacieli,saluto alcuni bambini che urlano entusiasti, imposto il mio atterraggio, faccio il pelo a due piante (eh si, ci sono anche quelle in atterraggio) e in pochi secondi sono a terra. L’entusiasmo è a mille, ci abbracciamo, ci salutiamo felici manco avessimo fatto chissà che cosa, perché per noi atterrare qui è qualcosa di unico, di speciale, di incomparabile, specie quando siamo insieme. Anche Alessio, il figlio di Lorenzo, è molto allegro: continua ad osservarci sorridendo, chissà cosa sta pensando! Forse ride pensando a quanto siamo pazzi, o forse, forse nonostante i suoi soli 11 mesi riesce a percepire la nostra euforia e vede la luce nei nostri occhi e sta sognando… si, sta sognando il giorno in cui anche lui spiccherà il volo…

Gli irriducibili volatori di Ascoli ed una nuova leva.Manca Gianni che è andato via subito
Mané

Dedicato a tutti gli angeli a cui la vita ha tarpato le ali

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