"La
nebbia invase il bosco di faggi rendendo ancora più tetro questo
luogo avvolto nel silenzio più assoluto quando all'improvviso
apparvero due strane figure: erano due lupi!
Uno, il più giovane aveva un volto
scuro e gli occhi arsi dalla voglia di scoprire il mondo, l'altro il
più anziano, aveva un pelo folto ed il viso segnato dalle mille
lotte. Li videro perlustrare in lungo ed in largo il bosco in cerca
di un passaggio a nord ovest per poi sparire fagocitati da una selva
oscura... non se ne seppe più nulla!” Mané
E’ una calda ed assolata domenica di
agosto quando dopo mesi e mesi, decido di risalire in sella al DRZ.
E’ una gran moto il drz: veloce, potente, affidabile, leggera
quanto basta per ficcarsi serenamente nei sentieri, ma tra noi non è
mai stato amore vero e cosi da mesi è lì che sonnecchia nel garage
dei miei a Collefalciano. Ma è un sonno leggero, in realtà è
sempre li pronta a risvegliarsi alla prima carezza data al pulsante
dello start, pronta a portarti ovunque tu voglia, ovunque arrivino i
tuoi sogni :-).
La moto c’è, cos’altro manca per
un’uscita coi fiocchi? Un amico, un compagno, qualcuno che come me
abbia nella testa il germe dell’esplorazione, qualcuno che conosca
bene il proprio territorio, ci vorrebbe un lupo, perché no? Il
compagno di questa nuova avventura si chiama Lorenzo ed è mio
fratello. Non è un fuoristradista incallito come me, ma conosce
benissimo il territorio e in sella al suo dr350 fa cose di tutto
rispetto. E' uno di poche parole ma adora andare per fossi e non si
tira mai indietro di fronte alle difficoltà; da bravo lupo, conosce
molto bene l'Appennino ed è sempre alla ricerca di nuovi percorsi:
le premesse per un buon giro ci sono tutte, vediamo se saranno
all’altezza.
Da cosa nasce un’avventura? Come si
fa a decidere di partire per una sfida? Qual è la molla che fa
scattare la voglia di partire ed andare? Cos’è che vi spinge a
partire ed andare? Ve lo siete mai chiesto?
E’ da tempo che mio fratello mi
parlava di alcune vette dietro casa dei miei: me ne parlava con un
tono incuriosito ma eccitato, aveva visto qualcosa ma non gli
bastava, voleva vedere oltre… dovevamo andare!
Fu così che ci ritrovammo in una calda
giornata di agosto nello sperduto paesello di Collefalciano con una
meta e la testa brulicante di dubbi. Risvegliai il Drz accarezzando
dolcemente il pulsante dello start e il suo rombo ruvido ruppe la
quiete del paesello; il rombo del dr di mio fratello non si fece
attendere, il tempo di far scaldare le moto e ci ritrovammo a correre
verso l'antico paese di Agore. Da subito le montagne si mostrarono
nella loro imponenza e la loro forza: ci stavano aspettando... non ci
avrebbero fatto passare! Urlai a mio fratello di tornare indietro,
c'erano tante belle strade da fare, meno ripide, meno pericolose, non
aveva senso sfidare quelle grosse creste. Mi rivolse un'occhiata
furtiva prima di aprire violentemente il gas: non disse nulla ma vidi
il suo volto trasformato, non era quello di mio fratello, del padre
di famiglia, era il volto di un animale a caccia. All'inizio rimasi
impietrito di fronte a quell'espressione, continuai a seguirlo da
vicino mangiando quantità industriali di polvere, incredulo provai a
cercare un contatto visivo per convincermi che stavo sbagliando senza
riuscirci. Superammo Agore e ci inerpicammo su per una sterrata
superando agevolmente alcuni tratti un po' ostici finché non caddi
su un solco. Subito mio fratello mi venne in soccorso cosi potei
finalmente osservarlo in volto e potei scambiarci due parole. Capii
subito che c'era qualcosa di diverso nel suo modo di fare: si muoveva
molto cautamente osservando minuziosamente l'ambiente circostante
quasi non volesse essere visto, ma da chi? Eravamo soli in quella
landa desolata dell'Appennino! Feci l'indifferente e continuai a
parlargli come se nulla fosse successo, lo feci parlare a lungo per
quanto mio fratello non sia proprio logorroico, pesai ogni singola
parola cercando di capire le sue reali intenzioni.
Poi arrivò la frase che aspettavo:”Una
volta sopra dobbiamo seguire il sentiero di destra quello che di
solito percorrono i cervi, dobbiamo seguirlo fin dove si perdono le
tracce degli animali e da li cercare ogni possibile pista...”
Osservai il suo volto corrucciato, il
suo sguardo profondo e i suoi lunghi capelli sembravano i peli di un
animale selvatico: era diventato un lupo e, come ogni lupo, si era
messo in caccia!
Affiancai il capobranco e mi misi
anch'io in caccia! Grosse nubi cariche di pioggia fecero la loro
apparizione all'orizzonte, chiesi al capobranco se non fosse il caso
di rientrare alla tana ma lui mi fece cenno di proseguire.
Percorremmo alcune sterrate immerse in un rigoglioso bosco e poi
spuntammo fuori in un bellissimo prato la cui vista spaziava dal
Vettore al Gran Sasso d'Italia, per poi declinare fino al mare. Mi
fermai estasiato, spensi la moto e mi lasciai fagocitare dal silenzio
delle montagne, dal fruscio degli alberi e dal cinguettio degli
uccelli. No, non poteva essere vero, non poteva esistere un luogo
cosi bello, a pochi passi dal mio paesello. Mio fratello mi osservò
compiaciuto, il bastardo sapeva che quel luogo mi sarebbe piaciuto,
ma rimase seduto sulla moto pronto a ripartire, quasi distaccato. Lo
osservai stupito ma quando, con un sorriso beffardo, mi disse di
proseguire capii che c'era dell'altro, e cosi risalii in sella pronto
ad emozionarmi e a carpire ogni singolo respiro di questo luogo.
Attraversammo superbi prati, ci infilammo in selve oscure senza
vederne l'ingresso e ne fummo sparati fuori come dei proiettili di
una 44 magnum, percorremmo alcuni bellissimi boschi ricoperti di
tronchi su cui le nostre moto letteralmente volavano, fummo pervasi
da uno stato di euforia che nemmeno la miglior grappa sa darti,
godemmo di panorami senza eguali finché il capobranco si fermò e
scese dalla moto: qui le tracce finiscono nel nulla, ora bisogna
mettersi a caccia. Il suo volto si fece di nuovo serio, i suoi occhi
scuri, i suoi sensi perlustrarono in lungo ed in largo le colline
circostanti cercando un passaggio. Ci addentrammo in una faggeta,
perlustrammo palmo palmo il bosco alla ricerca di un possibile
passaggio finché delle grosse nubi non invasero il buio del bosco
rendendo tetro tutto l'ambiente circostante. Imperterriti continuammo
la nostra caccia, incuranti della pioggia e della nebbia che stava
limitando la visuale, incuranti del silenzio assordante del bosco
immerso nella nebbia, un silenzio che ti entra dentro e ti trafigge
il cuore.
Un raggio di sole trafisse la fitta
nube, attraversò il buio del bosco e cadde per terra. Rimanemmo
impietriti di fronte ad una visione cosi sconvolgente, provammo a
capacitarci dello spettacolo che ci si stava parando di fronte ma
l'unica cosa che potemmo fare fu quella di osservare in silenzio lo
spettacolo che ci si stava parando di fronte.
Avevamo visto abbastanza, da quel
momento nulla sarebbe rimasto come prima!
Percorremmo un sentiero che correva
dolce sulla cresta di una montagna poi ci addentrammo in un altro
bosco cercando nuovi terreni di caccia. Percorremmo una sterrata a
velocità pazzesca, ma non fu la solita corsa forsennata, fu una
sorta di danza ritmica, con traiettorie che si incrociavano e si
allontanavano con un sincronismo ed una precisione degna di una gara
delle olimpiadi, senza sbavature ed imperfezioni...
Quel giorno anche l'enduro è stato una
cosa suggestiva...
Mané